sabato 17 ottobre 2009

Il nostro ultimo incontro


Il nostro ultimo incontro avvenne a Gioia, fuori dalla stazione della metropolitana: tra i grattacieli sembrava l’America. Indossavi uno spolverino bianco, eri bellissima nei tuoi vent’anni. Rapidi ci baciammo sulle guance e poi salimmo sulla tua Seat rossa.

Abitavi vicino, al primo piano, in un palazzo da Vecchia Milano: al piano terra c’era un ristorante. Mi accomodai in una poltrona, tu sedesti sul divano stile Impero, il tuo cane dormiva sul tappeto.

Era l’ultimo giorno di settembre, faceva ancora caldo e le finestre aperte davano su un cielo grigio, sui fumi delle industrie periferiche. Chiudesti fuori il traffico e il rumore, tornasti a me, alla mia camicia jeans.

Parlammo più di un’ora, di progetti, di noi, ma l’atmosfera era di due che non si sarebbero visti più, forse una cartolina nella prossima estate da uno di quei posti di cui andavi raccontando: Barcellona, Portofino, quel sogno della Grecia.

Non c’erano, non c’erano più i ragazzi di qualche estate prima: non sembravano passati due o tre anni, ma dei secoli.

Volesti accompagnarmi alla Centrale: un treno che non urgeva divenne per me un’irrinunciabile esigenza. Seduto al tuo fianco sulla Seat rossa ti guardavo le gambe nei collant manovrare veloci sui pedali. A uno stop non desti la precedenza e una donna gridò “Scema!”. Furiosa in quegli ultimi minuti insieme, infine raggiungesti Piazza Duca d’Aosta. Ci salutammo in fretta nella strada.

Io non ricordo se guardai l’auto svanire lungo il traffico portandoti via dalla mia vita per consegnarti al fascino ammaliante dei ricordi…

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Brent Lynch, “New York state of mind