sabato 25 gennaio 2014

Pendolari

 

Il sole nasce sui blue-jeans di Anna stamattina, in quest’alba d’inverno che non sembra sorgere mai mentre i treni attraversano la stazione e l’odore del freddo penetra le sciarpe, intride i cappotti, le giacche alla moda, si avviluppa alle ossa come un tralcio di vite. Nei suoi occhi c’è ancora la voglia di sonno, un residuo ricordo delle lenzuola che abbiamo abbandonato in fretta al suono della sveglia, prova a scuoterlo via dalle frange della sua sciarpa cremisi, dalla borsa comprata in saldo la settimana scorsa.

Io ho il caffè sulle papille, è l’aroma del risveglio appiccicato al palato, la strada ingoiata come un’aspirina per anestetizzarmi dal giorno, per ritrovarmi più avanti con le carte davanti in un ufficio asettico illuminato dai neon. Intanto spingiamo i nostri passi sull’asfalto ruvido, calpestando le foglie ormai brunite, strappate all’autunno e sopravvissute ai poco solerti netturbini comunali, alla macchina che lava le strade, ai giardinieri con i soffiatori. Così trasciniamo anche i nostri affanni d’amore, come i titoli di giornale strappati alla locandina blu dell’edicola.

Saliamo sul treno che ci porterà nella metropoli e ci dividerà per diverse linee della metropolitana: non sappiamo se dietro l’ultima fermata ci accoglierà l’inverno cittadino o un volo di colombi nell’azzurro di una parvenza di primavera.

 

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FOTOGRAMMA DA “STAZIONE TERMINI” DI VITTORIO DE SICA, 1953

sabato 18 gennaio 2014

Scelte

 

Ho incontrato la madre di Paola oggi: è venuta in ufficio per una consulenza fiscale. Le ho chiesto di salutarmi sua figlia e lei mi ha raccontato che adesso Paola sta passando un brutto momento, che rimane sola per tutta la settimana con i due figli piccoli mentre suo marito gioca e la situazione è ormai al limite di rottura. Ma “lui non ha le palle” neppure per andarsene.

E sempre oggi, mi sono imbattuto in Anna, che passeggiava con il figlio per il paese: anche lei ha una storia del genere alle spalle. Anche lei, come Paola, di cui è coetanea, si è imbattuta in uno smidollato – di genere diverso, il suo gioco sono le aule dei tribunali, ma la “droga” è la stessa – ed è riuscita ad evadere da quella prigione che adesso attanaglia Paola. Oggi il sorriso che illuminava il suo volto valeva più delle parole che diceva, sprizzava la libertà ritrovata accanto a un uomo che la rende felice.

Molti bivi ci si presentano, spesso nemmeno ce ne accorgiamo, eppure imbocchiamo una strada dalla quale è complicato se non impossibile tornare indietro: compiamo delle scelte e queste scelte talvolta ci traghettano nel mondo che sognavamo per noi, talvolta ci proiettano invece dentro un incubo dal quale non sappiamo risvegliarci. E poi ci sono altre scelte che non riusciamo a fare o che facciamo troppo tardi. Ci sono scelte che ci lacerano e scelte che ci liberano. Scelte difficili, comunque, ardue come una montagna da scalare. Scelte che spesso ci riempiono di paure e di dubbi. Scelte sospese tra il rabbioso pianto di Paola e il nuovo sorriso di Anna. Scelte che alla fine sono la nostra vita.

 

DURNFORD KING, “TWO WOMEN”

sabato 11 gennaio 2014

Monica

 

Il mare oggi era solcato da bianche onde. Sembrava quasi l'oceano. Al tramonto ha cambiato colore, tingendosi di un grigio scuro, e il vento spingeva i windsurf dalle vele colorate. Monica mi ha detto che ama quest'ora, quando tutto si fa più irreale e rarefatto. Io restavo a guardarla, studiavo quel suo modo di atteggiare le labbra per parlare, studiavo l’attaccatura del seno che faceva capolino sotto l'ascella dal costume blu. Davanti a noi qualche ombrellone aperto con la sua tesa a righe e i pattìni bianchi e azzurri tirati in secca per la notte. Le ho raccontato di te e del nostro amore, le ho parlato della felicità che questo stesso mare ci dava, dei pomeriggi di spiaggia, delle sere allegre tra noi.

Monica ha capito, ha fotografato bene la nostra situazione: mi ha detto che la nostra storia è come quella di Catullo e Lesbia e ne riveste i toni dolci dell'amore e quelli crudi e un po' disingannati della separazione. Ha detto che io, come Catullo, non posso tollerare che tu ami un altro uomo, ma che un giorno dovrò accettarlo. E mi ha citato due versi:

Miser Catulle, desinas ineptire,/ et quod vides perisse perditum ducas.
Povero Catullo, basta con le illusioni,/ le cose che vedi finire sono perdute.

Non ci credevo neanch'io ma Monica finalmente mi ha aperto gli occhi, mi ha sbloccato. È stato come un lampo che ha illuminato il buio e ho visto finalmente per un solo istante tutto chiaro: lei mi ha suggerito di svagarmi, di uscire dalla gabbia in cui mi chiudo, di cercare contatti. Vedrai, ti riuscirà naturale - mi ha detto - forse sarà un po' come bere l'acqua del mare nei primi momenti ma poi ti abituerai al sale e non lo sentirai più. Un gabbiano vola via. Monica si è rivestita e ce ne siamo andati. L’ho baciata su una guancia e le ho detto «Grazie».


Lignano Pineta, 26 luglio 1989

 

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LOCANDINA © NATIONAL RAILWAY MUSEUM

sabato 4 gennaio 2014

Mediterranea

 

Marta è proprio una donna mediterranea: il suo sguardo è volitivo e forte, carico di sensualità. Esce dall'acqua e i capelli le si arricciano in gorgoniche spire mentre il suo corpo si riempie di luce per i riflessi di sole che baciano lo specchio di mare della cala. Si siede su una lastra sabbiosa che affiora dalla spiaggia, appoggia le mani più indietro che può e si reclina ad accogliere l'abbraccio del sole; i suoi capelli si asciugano e si lasciano vincere dalla forza di gravità.

Il pomeriggio langue e si trascina via. Marta torna a casa e si fa una doccia: le piace lavare via il sale, massaggiare la pelle con la schiuma profumata. Quando esce dalla cabina della doccia è già calata la sera, una sera calda e odorosa di mare. Marta rimane a osservarla sul balcone, appoggiata all'antica balaustra di pietra che conserva il calore del sole. Un vento leggero, quasi inconsistente, scuote a tratti la chioma arruffata della palma nel giardino; le falene girano impazzite intorno all'esile lume.
   
Marta torna in casa, toglie dal frigo la cena e ne sbocconcella senza voglia. "Se m'innamoro, non mangio" pensa automaticamente. Si vede nello specchio e non può fare a meno di notare quanto sia bella; certi giorni invece nello specchio non trova che imperfezioni: il labbro troppo grosso, il seno troppo piccolo, una ruga d'espressione, gli occhi distanti.

Questa sera invece si trova proprio bella, tonificata. "I bagni di mare irrobustiscono, rassodano" si dice "dovrò approfittarne finché c'è la bella stagione". Si sbuccia una mela e la mangia pensando che fa bene alla pelle, poi torna sul balcone a guardare la gente passeggiare senza meta, le luci delle automobili che intasano le vie del centro.

L'orologio della torre batte mezzanotte. Marta chiude il libro che sta leggendo, spegne il lume e rientra. si spoglia davanti allo specchio alla luce della luna e pensa che domani si spoglierà per il suo amore, chissà se lui la troverà ugualmente bella. Poi si corica abbracciando il cuscino e si sente il petto gonfio d'amore.

 

4 gennaio 1995

 

Saba at the Balcony VI Light Walls

FABIAN PEREZ, “SABA AT THE BALCONY VI”