sabato 13 agosto 2011

Lettera non spedita (III)

 

Carissima Eleonora,

ti ho vista ieri pomeriggio davanti all’Arena. Eri appena scesa dal 2 e controllavi l’orologio, probabilmente avevi un appuntamento: andavi di fretta. Vestita di nero eri ancora più bella, le braccia nude abbronzate, i capelli raccolti come quando andavamo al mare la domenica. Ti guardavo camminare sui tacchi alti, attenta che non si incastrassero nei binari del tram: avevi un modo così signorile, così nobile, di muoverti. Mi hai ricordato cosa mi ha fatto innamorare di te quel giorno di fine maggio: la tua grazia. E la tua bocca dolce, dove un tempo morivano tutti i miei guai.

Sto bevendo un bicchiere di Pinot grigio adesso e il suo sapore mi fa ripensare a quella volta che siamo stati ad Alassio, ri­vedo le luci gialle della sera, i pitosfori, le palme. Rivedo le nostre sere e i nostri luoghi: l’hotel, la gelateria vestita di luci azzurre, il muretto, la spiaggia stretta a ridosso della strada... Forse fu in quei giorni che l’amore tra noi ebbe la sua massima intensità. L’amore a due, intendo. Perché la massima intensità quell’amore ce l’ha adesso, in me solo. È divampato come un fuoco alimentato dal vento appena ti ho rivista. Era una brace che da sempre covava in me ed è bastato un nulla a ridarle vigore.

Tu eri lì, dall’altro lato della strada, a una decina di metri da me, elegante ed altera. Il traffico di automobili e furgoni fluiva per Via Legnano: ho avuto la tentazione di scansare auto per auto, gettarmi verso di te. Ho avuto l’idea di gridare il tuo nome: ti saresti voltata, mi avresti individuato tra la gente in attesa al semaforo. Mi avresti sorriso, probabilmente. O avresti fatto finta di niente, magari solo un fugace cenno di saluto. Ma nulla di tutto ciò: sono rimasto muto, fermo ad aspettare il verde. E magari bastava che ti chiedessi di te, bastava che ti invitassi a bere un caffè per ricordare i bei tempi… Non so se mi sia mancato il coraggio o se mi sia venuta meno la voglia, stregata dai ricordi o dall'impossibilità di risvegliare il passato. 

Tornato a casa ho trovato i miei ricordi boccheggianti come pesci rossi sfuggiti a una boccia di vetro: li ho rimessi nell’acqua e ho scoperto di non amare te, ma il tuo rimpianto.

 

JACK VETTRIANO, “A DAY WITH FATE”