sabato 14 dicembre 2013

Il pontile

 

C’è un pontile di assi che poggia su alti piloni: è una lingua posticcia di terraferma che si inoltra nel mare, che si avventura fin dove possibile come una sfida alla natura. So che qualche volta ha vinto la natura, che con delle forti mareggiate ha piegato o distrutto quell’avamposto. Ma ogni volta con caparbietà qualcuno l’ha ripristinato e lo ha reso ancora più bello. L’ultima volta che l’ho visto ho faticato a riconoscerlo: c’era molto più legno che cemento e bandiere svettavano sul chiosco esagonale posto dove il pontile finisce con uno slargo a capofitto sull’acqua.

Allora, ai tempi di questa storia, c’erano assi consunte e piloni di calcestruzzo. Il temporale era finito da poco, nuvoloni scuri aleggiavano lontano, sulla costa. Ragazzi pescavano i granchi con mollette da bucato dove il fondale risultava più basso e li mettevano nei secchielli pieni d’acqua. Con me c’era lei, l’amore della mia adolescenza. Un ragazzo magro con un sorriso timido, una maglietta a righe e un paio di blue-jeans e una ragazza bionda con un vestito a fiori – simile a una dea vi direbbe il ragazzo, ma lui non fa testo: questa è la fotografia di quel momento, dunque. Il vento appiccica il vestito sul corpo della ragazza, esile e svelto, le disegna le due colline dei seni puntuti e la V dell'inguine. Gioca a sfiorare il viso del ragazzo con i capelli di lei, che è solita portarli legati ma che quel giorno, come per un capriccio del destino, ha deciso di lasciarli sciolti sulle spalle. La ragazza sta parlando di qualcosa, non ha importanza l’argomento: lui penderebbe comunque dalle sue labbra anche se parlasse di fisica quantistica o di filosofia del diritto. Le parole di lei gli bruciano sulla pelle, quasi come la carezza di quei capelli, gli occhi chiari gli penetrano l’anima. In effetti, lei gli sta parlando del loro rapporto, sta parlando d’amore. Adesso sono appoggiati alla ringhiera del pontile e guardano sotto di loro il mare, come una tentazione, mare ribollente di schiume, mosso e furioso. È in quel momento che il ragazzo pensa: l’amo talmente che se lei mi dicesse «Buttiamoci di sotto» tenendole la mano lo farei. Dovrebbe dirglielo. Dovrebbe. Ma il ragazzo è giovane e sciocco, e non glielo dice. Rimpiangerà per anni quel silenzio.

 

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FOTOGRAFIA © MAYDA MASON