sabato 15 maggio 2010

Il sapore amaro dell’addio

 

Sorrise dietro il velo di tristezza che le inumidiva gli occhi. Sapeva il dolore che avrebbe generato, nella sua vita, nella mia. “Torno a Trieste”. La decisione era presa, i bagagli probabilmente già pronti nella sua bella casa lungo i Navigli. Quella da cui amavo guardare giù fingendo di essere a Venezia, non sembrava neppure Milano. Il treno sicuramente era già stato prenotato, il lungo viaggio assimilato lentamente, programmato, ricostruito.

“Parto tra poco”. Le nuvole che sovrastavano il Duomo sembravano impigliate nelle guglie bianche, vele trascinate fin sulle statue della cattedrale. Il tavolino del bar dove ci eravamo dati appuntamento – l’ultimo, e non me ne rendevo neanche conto – aveva delle eleganti tovaglie dove galleggiavano le tazzine di caffè e i due bicchieri d’acqua; nel suo una fettina di limone si perdeva lentamente dietro il vetro ghiacciato. La mia era l’amaro che sentivo in bocca.

Le nostre anime in quel momento dovevano scottare come brace, ardenti come la fiamma che è sul punto di morire. Eppure sarebbe bastato poco per riaccenderle, per riattizzare quel sentimento che covava ancora – di questo ero certo. “Paola…” per l’ultima volta pronunziai il suo nome e risuonò strano, come se un’altra persona lo avesse pronunciato, uno qualunque che oziava ai tavolini in attesa di tornare nell’ufficio al quarto piano di un palazzo del centro, uno dei tanti che attraversavano la piazza inseguiti dai senegalesi con i braccialetti portafortuna, uno dei turisti affacciati all’autobus scoperto che fa il giro della città. “Paola…” e non trovai altre parole da dire.

Ci alzammo. Un ultimo furtivo bacio suggellò l’addio. Non mi sentivo tradito, non mi sentivo deluso. Quella che mi entrava dentro, che si agitava e si rimescolava, era un’amarezza indefinibile. Mi sedetti e restai lì a guardarla andare via, imboccare Via Mazzini, perdersi tra la folla del pomeriggio. In bocca avevo ancora quel sapore amaro.

Provai a pensarla altrove, a Trieste: mi veniva in mente solo Piazza Unità d’Italia sconvolta dal vento. Nel ricordo, il colore del mare era quello dei suoi occhi.

 

Raymond Leach, “A brief incounter”