sabato 18 dicembre 2010

Il tempo nelle mani

 

Quel pomeriggio il mare era una piatta tavola grigia, una gigantesca lastra d’ardesia posata sulla sabbia della costa. Le vele vi spiccavano come bianche farfalle infilzate, i wind-surf si muovevano appena oltre i segnali che indicavano il limite massimo per la balneazione. Nella spiaggia la noia regnava sovrana, la musica delle radioline si mischiava al vociare dei bagnanti, si spegneva portata via dalla brezza. Sotto l’ombrellone, nell’ombra torrida, stavo leggendo un libro di Kundera: alla fine di ogni capitolo mi fermavo a guardarmi intorno e a bere avide sorsate di acqua fresca.

Daniela era seduta sulla sdraio in fianco alla mia. Aveva un bikini a fiori e il sole disegnava riflessi ramati sui suoi capelli biondi. Prendeva una manciata di sabbia, la chiudeva nel pugno e la lasciava filtrare lentamente: il vento prendeva quel flusso di granelli dorati e li portava verso il mare, verso i fazzoletti bianchi delle vele, verso le cale sull’altro lato del golfo dove nuvole bianche simili ad ovatta si ammassavano sopra le pinete e le torri dei condomini.

Il vento ora soffiava più forte, i wind-surf al largo avevano cominciato a volare; il lembo dell’ombrellone si muoveva seguendo le ondate del grecale: a tratti il viso di Daniela si riempiva di luce, ne ammiravo le fattezze regolari, il colorito abbronzato. Dopo aver compiuto ancora una volta il suo gioco, aprì il pugno, lasciò andare la sabbia, si sfregò le mani. “Amore”, le dissi, “avevi il tempo nelle mani”…

 

Fotografia © Partecipiamo

sabato 4 dicembre 2010

Il trucco

 

Amore mio carissimo e perduto, adesso che guardo attraverso le lenti del ricordo e del sogno, ecco che ti ritrovo nelle fattezze di quest'altra donna che divide i suoi giorni con me e crede che sia esclusivo l'amore che le do: crede che le rose che le porto siano per lei, crede che le poesie che le scrivo siano tutte per lei, crede che i miei baci siano suoi, che il mio corpo sia suo, che i cioccolatini, gli anelli, i bigliettini, gli orecchini siano suoi.

Ovvio che sono suoi, nel senso che fisicamente, materialmente li ha e li possiede: i fiori, gli abbracci, i monili, i dolci, gli amplessi. E poi le gite fuori porta, le pizze, le cene in trattoria, i film, il braccio sulle spalle. Ma è lo spirito che lei non possiede, che mai potrà avere, perché ognuno di questi omaggi, ogni attenzione, ogni cura sono in realtà destinati a te, sono sacrificati sull'altare della memoria. In un certo senso lei inconsapevolmente recita la tua parte, anzi altro non è che un'imitatrice, per quanto la sua bravura non sia talento ma solo surrogato, tanto che alla fine vale il detto che la bellezza è negli occhi di chi guarda. Con questo non voglio sminuirla, né denigrarla - e come potrei? - visto che le ho riservato il tuo ruolo e quindi inconsciamente ho scelto una donna che ti somiglia tanto.

Adesso lei sorride. E con la memoria è il tuo sorriso quello che mi rivolge. Ricordi? Ti dicevo che fu il tuo sorriso ad innamorami, che mi esercitavo la sera allo specchio per ricrearlo. Deve essere entrato nel mio profondo, tanto che adesso il suo sorridere è il tuo. E anche i gesti che ora fa, quel tagliare l'aria con la mano mentre discorre, quel rigirare gli anelli sulle dita, quel tormentare una ciocca sfuggita all'acconciatura, sono i tuoi gesti, sono il tuo stesso modo di porti, di gesticolare mentre racconti dei luoghi che hai visitato, delle persone che hai incontrato. E infatti lei mi sta dicendo di un tizio importuno che l'aveva abbordata in un caffè di Via Meravigli. Se conoscesse questi miei pensieri, chissà come si arrabbierebbe, chissà come si sentirebbe umiliata, tradita. Se ne andrebbe sbattendo la porta, mi tempesterebbe di pugni, mi massacrerebbe con un coltello da cucina... Ma adesso mi osserva con il tuo sguardo, mi chiede cos'abbia. Le dico che sono soltanto stanco, che ho lavorato troppo. Mi viene vicina, come fa sempre in questi casi. Chiudo gli occhi e mi massaggia le tempie, mi bacia e io immagino che sia tu. Per qualche minuto funziona, ma poi si riconosce il trucco, l'illusione. Apro gli occhi e non la amo, non la amo, sebbene stia dimostrando esattamente l'opposto baciandola e stringendola, sbottonandole la camicetta. Non sei tu, non sei tu...

 

Fotografia © Elise Hardy