sabato 3 marzo 2018

Nuvole gialle


Il cielo sopra la stazione era un mare giallo dove galleggiavano luminose nuvole d’oro simili a chiazze di petrolio. L’effetto, combinato con il delizioso stile Liberty dell’edificio, era assolutamente meraviglioso. Come trovarsi in un museo davanti ad un capolavoro della pittura, prossimi alla sindrome di Stendhal.

Christian ruppe l’incantesimo indicando il chiosco nel piazzale. “Prendiamo delle patatine?” chiese con un’ombra del suo accento. Lo guardai nel suo giubbino di jeans, i capelli corti che cominciavano già ad arricciarsi, le guance paffute da criceto. Annuii e mi diressi verso la rivendita.

Christian e io eravamo soldati. In effetti eravamo reclute al primo mese di addestramento. In camerata c’erano brande a castello: io dormivo nel letto superiore, lui in quello sotto. Venne naturale il primo giorno uscire insieme alla scoperta della città, girare per le vie, osservare i monumenti e le ragazze. Quella prima sera finimmo a mangiare una pizza in un Grillstube dietro la stazione.

Non so perché finivamo sempre da quelle parti. Forse inconsciamente ci avvicinavamo ai treni, ai mezzi che avrebbero potuto condurci a casa. Talvolta ci sedevamo sulle panchine ad ascoltare il ritmo meccanico degli annunci: “Sul binario 3 è in partenza il treno per Malles”, “Merano - stazione di Merano - Meran Bahnhof”. Oppure restavamo all’interno del caffè come dei viaggiatori in attesa di partire. O sostavamo nel piazzale, davanti allo Stadio del Ghiaccio, dove adesso c’era un grande Luna Park e noi aspettavamo che friggessero le patatine.

Ci servirono il cartoccio e vi versammo sale, ketchup e maionese dai contenitori posti sul bancone. Trovammo una panchina e iniziammo a infilzare le patatine con il lungo stecco e a intingerle nelle salse. Intanto leggevamo le scritte a pennarello sulle liste di legno del sedile: i classici cuoricini, i nomi di innamorati, i T.V.T.B., gli insulti dei tifosi di hockey delle varie squadre - quelli del Bolzano odiavano il Merano, quelli del Varese odiavano proprio tutti…

Eccoci lì, silenziosi, come se non avessimo nulla da dirci, svuotati da una giornata di addestramento faticoso, mentre una radio mandava nell’aria la canzone del momento, “Joe le Taxi” di Vanessa Paradis, una voce seducente di ragazzina, che faceva ancora più dolce e più triste quella sera di maggio, come un amore lontano e perduto.

Guardavamo le luci delle giostre, il vortice di cromature e colori, l’inseguirsi di ragazzi lungo le attrazioni, cercando di dimenticare i nostri vent’anni e la breve libertà di quelle ore. Le nuvole gialle sopra la stazione erano svanite, il cielo scuriva lasciando un sapore diverso, come una birra rimasta a lungo aperta.


2004


FOTOGRAFIA © LORD KOXINGA