sabato 26 settembre 2015

Ma

 

Leggo su Tuttolibri – numero 1845 di sabato 5 gennaio 2013 – l’intervista a Mana Neyestani, disegnatore iraniano incarcerato dal regime e poi rifugiatosi in esilio a Parigi con la moglie:

“Tutto sommato, mi è andata bene. Sono stato in galera tre mesi, ma c’è chi è lì anche da dieci anni. Sono in esilio, ma qui ho libertà di parola. Ho la mia matita e posso usarla. Ho solo questo. Ma non può immaginare quanto sia prezioso”.

Cos’è che mi ha colpito tanto da segnare con un rigo di penna questa frase tra le tante altre che appaiono nel supplemento della Stampa? Sono quei tre MA. L’avversativa che dovremmo sempre usare quando consideriamo la nostra situazione: forse quello che abbiamo al momento non è il massimo, non è ciò che esattamente desideravamo, però sicuramente non ci troviamo nell’opposto, nella negazione totale dei nostri desideri e delle nostre opportunità e il cambiamento è comunque un’opzione ancora praticabile. Quei tre MA sono le scialuppe di salvataggio che permettono a Neyestani di non affondare, come tanti altri MA ci consentono di non vedere nero, ma di scorgere la luce della speranza illuminare la via diversa che – obtorto collo o per propria decisione – si è intrapresa.

2013

 

DISEGNO DI MANA NEYESTANI

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