sabato 21 ottobre 2017

In Via Francesco Crispi


Risalgo i miei ricordi oggi, ripercorrendo questa strada che dalla stazione porta alla scuola dove in anni ormai lontani frequentai il liceo. È un viaggio nello spazio, su questa strada lastricata in modo differente da allora, tra alberi che non sono gli alti ippocastani, tra negozi che non potevano neppure esistere. Ed è un viaggio nel tempo, un retrocedere nella memoria: quella ragazza che attende al semaforo di Piazza Guglielmo Marconi potrebbe essere Marta, che studiava alle Magistrali e prendeva il mio stesso treno.

Così ogni vetrina, ogni portone, mi dice qualche cosa di nuovo, ogni chiesa immutata, ogni palazzo, come quello che ora è stato violentato dall'insegna ad archi gialli di Mac Donald's. Il tempo è passato. Tanto tempo, tanta acqua sulle pietre di questa città, tanti giorni di sole. Ma il presepio da cartolina rimane appollaiato dietro Porta Nuova con le sue cupole e le sue case di stile veneziano.

La signora dell'edicola all'incrocio con Via Paleocapa non c'è più: a darmi il resto c'è un ragazzo. E pizzerie da asporto e gelaterie hanno preso il posto delle librerie. La mia memoria sa ricostruire ancora questo puzzle: sembra prendere maggiore confidenza con la città ad ogni passo. Sa dirmi cose che neanche credevo di ricordare, lo scherzo di Carnevale alla "Boutique del pane", la neve che cadeva nei giorni in cui si consumava il colpo di stato polacco e la compagna di Wroclaw pensava agli amici lontani e mi parlava accorata camminando per Viale Papa Giovanni XXIII dalle parti di Santa Maria delle Grazie.

Questi mutamenti intervenuti, l'edicola scomparsa nel passaggio tra Porta Nuova e il Sentierone, il parco giochi sorto dove una ruspa chissà quando ha demolito vecchi muri, il palazzo comunale lucidato a nuovo, mi dicono con una sorta di dolcezza, con un lieve pudore, che se il mondo è cambiato, se la città è cambiata, anch'io naturalmente non sono più il ragazzo che ero, quello che camminava con la borsa piena di libri e molti più capelli sulla testa. Senza astio, mi pongono davanti agli occhi tutte le speranze e le illusioni che coltivavo allora, i sogni che mi accompagnavano mentre percorrevo questa stessa via. Non mi dicono "Confronta", non esigono un'analisi: mi dicono soltanto che tutto passa, che il tempo scorre inesorabile come un fiume.

Ma non lo sanno che li ho fregati, perché, quasi arrivato alla Rotonda dei Mille, in Via Francesco Crispi, come allora, adesso io sto pensando a lei.


2008


Crispi

FOTOGRAFIA © L’ECO DI BERGAMO

sabato 7 ottobre 2017

Un lampo


Me ne stavo andando tranquillo per Corso Vittorio Emanuele, guardando le vetrine e godendomi la brezza tiepida di primavera, odorosa di nuovi fiori anche nel centro di Milano. All'improvviso, tra la gente noncurante del primo pomeriggio che passeggiava come me, tra i turisti giapponesi con la macchina fotografica a tracolla e quelli americani in maglietta e sandali, tra gli impiegati delle banche che rientravano dalla pausa pranzo, apparve come un lampo.

O piuttosto è meglio dire che nella mia testa, nel mio cuore, nella mia anima, in qualche parte di me preposta alla funzione del ricordo e della memoria, in qualche sperduta e remota sinapsi, si accese una lampadina - potei sentire quasi lo scatto dell'interruttore, la piccola leva che apre le porte del tempo e consente di valicarle per un attimo solo.

Ed era lei che aveva acceso l'interruttore, quella donna che avevo incrociato qualche istante prima, nella gente anonima del Corso: era lei che camminava sul filo del ricordo, e che mi aveva condotto a percorrere in equilibrio instabile quella lama sottile ed affilata: una donna con le scarpe basse ed il cappotto chiaro, i capelli castani dai riflessi dorati sciolti sulle spalle, una borsetta di pelle nera a tracolla. Lei, la giovane donna che mi aveva rubato il cuore in un'estate lontana, che mi aveva portato fuori dall'adolescenza sul passo di un amore leggiadro e travolgente.

Ma quel lampo, proprio come una saetta nel cielo notturno di un temporale d'estate illumina per un tempo troppo breve la realtà circostante, fu infinitesimo: lo spiraglio aperto come una breccia nelle mura sterminate del tempo, la tentazione di voltarmi e fermare la donna, di verificare se davvero fosse lei, di rinverdire i ricordi seduti al tavolino di uno dei tanti caffè disseminati sotto i portici.

Dominai quel capriccio, con la ragione mi convinsi che non poteva essere lei, lì a Milano, in quel preciso momento; che la coincidenza era assolutamente improbabile, qualsiasi matematico mi avrebbe potuto dimostrare con estrema facilità che la combinazione statisticamente avrebbe potuto calcolarsi in miliardesimi.

Fu così che, razionalmente, ebbi la meglio sul desiderio, sull'illusione. Fu così che frenai i destrieri bianchi della fantasia, già smaniosi di lanciarsi in un galoppo sfrenato nelle lande del sogno: non era lei, neanche le somigliava. O no?

2009


Milano

FOTOGRAFIA © ABOUT MILAN