sabato 24 dicembre 2016

Mattina di Natale

 

E dunque è la mattina di Natale. Il vecchio avaro Mr Scrooge si è risvegliato dopo una notte di incubi e spalanca la finestra sulle vie innevate, lieto finalmente dopo il grande spavento della notte:

“Si vestì, col meglio che aveva, e uscì per la via. La gente si riversava fuori, com'egli l'aveva vista con lo Spirito del Natale presente. Camminando con le mani dietro, Scrooge guardava a tutti con un sorriso di soddisfazione. Era così allegro, così irresistibile nella sua allegria, che tre o quattro capi ameni lo salutarono: «Buon giorno, signore! Buon Natale!» E Scrooge affermò spesso in seguito che di tutti i suoni giocondi uditi in vita sua, i più giocondi, senz'altro, erano stati quelli”. (Charles Dickens, Canto di Natale")

Anche i bambini si sono risvegliati e con gli occhi improvvisamente vispi si sono riversati con ansia a cercare i pacchetti colorati sotto l’albero, li scartano, ridono esaltati davanti al nuovo giocattolo; gli innamorati si sono baciati scambiandosi i loro doni… Le campane suonano annunciando la Nascita nell’umile grotta. I saluti si spandono nell’aria come fiori: Auguri! Buon Natale! Buone feste! Le mani si stringono, i baci si schioccano sulle guance. E nelle cucine i profumi iniziano a salire: le patate arrosto, le tacchinelle ripiene, il brodo di cappone. Le luci degli alberi e dei presepi scintillano più vivide in questa giornata, i parenti cominciano a radunarsi, portano i loro doni, le loro bottiglie, i panettoni per il pranzo.

Un avviso per i meno cinici: non leggete il pezzo qui sotto, potrebbe rovinarvi la sorpresa del pomeriggio, rivelarvi come potrebbe essere… È tratto da “Natale” di Marco Lodoli:

“Anche quest'anno è andato tutto bene. Io ho avuto un paio di cravatte, un libro, l'ennesimo rasoio elettrico. I bambini hanno cominciato a giocare sul tappeto con i loro attrezzi elettronici, mentre mia moglie faceva girare gli aperitivi. A tavola, come al solito, abbiamo un po’ litigato parlando di politica, esattamente come ogni anno. La più grande delle mie nipoti, ha quasi diciott'anni ed è ribelle e arrabbiata come lo ero io, vorrebbe un mondo in cui tutti fossimo in pace, senza poveri, senza esclusi. Questa vita è ingiusta, ha detto, butta via la gente, la fa morire. Nessuno dovrebbe morire, ha gridato. Per riportare un po’ d'allegria a tavola, mio cognato ha raccontato come sempre due barzellette. Una era la stessa dello scorso Natale, ma nessuno l’ha interrotto. Dopo il panettone e il caffè, ci siamo sistemati sui divani per continuare a chiacchierare e bere un cognac. E dopo mezz’ora le parole sono iniziate a mancare ed è scesa la malinconia che segue la festa, qualche bambino sbadigliava tra i fogli accartocciati dei regali, e allora io ho acceso la televisione”.

Be’. Che altro dire? Ma “Buon Natale!”

 

2009

 

Larsson

ILLUSTRAZIONE DI CARL LARSSON

sabato 17 dicembre 2016

Edipo re

 

La storia di Edipo è quella di un uomo che lotta invano per sfuggire al suo destino, condannato ancora prima della sua nascita, costretto a vagare con il fardello della sua colpa per il mondo.

”Edipo re” di Sofocle era considerato già nell’antichità un vero e proprio capolavoro: Aristotele nella “Poetica” lo giudicò capace di suscitare contemporaneamente terrore e pietà. Il tragediografo greco lo scrisse nel periodo della sua tarda maturità, già ottantenne, tra il 414 e il 411 a. C.

La trama è notissima: il re di Tebe Laio viene a sapere da un oracolo che il figlio che potrebbe nascergli dalla moglie Giocasta sarà il suo uccisore; quando l'erede infine nasce, per sventare il disegno degli dei, Laio lo fa abbandonare sul Monte Citerone con i piedi feriti - di lì viene il nome Edipo, "piedi gonfi". Il bambino viene affidato al re di Corinto, Polibo, che lo alleva a corte come un figlio; un altro oracolo predice a Edipo, ormai adulto, che ucciderà il padre e sposerà la madre, dalla quale avrà dei figli. Convinto di essere l'erede di Polibo, Edipo abbandona Corinto per raggiungere la Focide: sul cammino incontra Laio e in una futile lite per il passaggio lo uccide. A Tebe sconfigge la Sfinge rispondendo al suo famoso enigma, liberando la città ed ottenendo il premio per chi avesse eliminato il mostro: la mano di Giocasta. Edipo inconsapevolmente sposa la madre ed ha con lei quattro figli. Un terzo oracolo, allo scoppio di un'epidemia, rivela che la malattia è dovuta alla presenza in città dell'uccisore di Laio. L'indagine porta il nuovo re a scoprire di essere proprio lui l'assassino e l'autore dell'incesto: per punirsi si acceca e fugge a Colono, per condurvi il resto della sua sciagurata esistenza.

La fortuna dell'"Edipo re" sta nella sua attualità: il senso del destino, la ricerca delle proprie radici, l'infelicità umana sono temi comuni a tutte le epoche. Il modo di procedere di Sofocle nella ricerca del colpevole può poi ricordare anche la tecnica dei moderni gialli: il fatto che il detective sia l'assassino dà quel tocco inarrivabile di originalità. La conclusione, l'accecamento che Edipo si infligge, è un vero e proprio "coup de théatre": sta al lettore valutare se sia un modo per non vedere più la realtà o, al contrario, il solo modo per vedere, dall'interno e per sempre, tutto l'orrore. La figura di Edipo è poi duplice: è sì il colpevole, ma è anche la vittima innocente, in quanto tutto quello che compie deriva dal destino, dall'onnipotenza degli dei; egli è solo lo strumento di cui il fato si serve per portare a compimento i suoi disegni.

"Mai nessuno giudichi felice un uomo
prima del giorno della morte,
prima che la sua vita sia trascorsa priva di dolore".

Così commenta nelle ultime battute della tragedia il Corifeo, mentre Edipo, cieco, si avvia verso l'esilio a Colono in una scena epica: se fossimo al cinema, sarebbe l'eroe sconfitto che si staglia curvo e solitario in un rosso tramonto.

10 settembre 2008

 

Brodowski

ANTONI BRODOWSKI, “EDIPO E ANTIGONE”

sabato 3 dicembre 2016

Quel turco di Babbo Natale

 

Babbo Natale, per gli anglosassoni Santa Claus, non è come vuole una leggenda metropolitana il parto dei pubblicitari della Coca Cola negli Anni Trenta che portò alle famose immagini di Haddon Sundbloom riprodotte ovunque: non è in effetti altri che San Nicola, di cui il 6 dicembre ricorre la venerazione.

Per inciso, la Coca Cola non fece altro che appropriarsi a fini promozionali della poesia di un oscuro autore newyorkese, "La notte di Natale", scritta nel 1823: San Nicola vi è raffigurato come un uomo tarchiato dagli occhi scintillanti e dalla barba bianca, con dei vestiti rossi bordati di pelliccia e lucidi stivali neri. La fantasia di un illustratore, Thomas Nast, creò l'immagine iconografica tuttora in auge. L'idea dello scrittore portò invece a spostare la tradizionale venuta di Santa Claus dal 6 dicembre al 25.

Dunque, spazzato via l'equivoco, la slitta con conseguente serie di renne e di casa in Lapponia, a Rovaniemi per la precisione, Babbo Natale è San Nicola, che fu vescovo di Mira, città della Turchia identificata con l'odierna Demre. Il santo era un taumaturgo, ovvero compiva miracolose guarigioni, spesso di bambini. La sua figura si fuse qua e là nell'Europa con miti antichi ed oscuri, come lo Spazzacamino tedesco, e adottandone altri in qualità di assistenti, ad esempio i folletti o il truce Pietro il Nero olandese o il Cavalier Rupprecht, un uomo dalla faccia paurosa tinta di nero.

Il San Nicola più tradizionale, quello che si attaglia in maniera più precisa, è il Saint Nicholas svizzero, abbigliato come un vescovo con lunga veste bianca, mantello rosso, cappello a punta e bastone pastorale. Il Père Noël francese è una via di mezzo tra San Nicola e Babbo Natale: alto e magro, ha una veste vescovile rossa, copricapo di pelo e rumorosi zoccoli di legno.

Che sia un ciccione vestito di rosso, un vescovo che si circonda di personaggi inquietanti, una bambina con una corona di luci, una vecchietta che vola a cavallo di una scopa o Gesù Bambino, si può concludere che, se ci sono tanti modi di rappresentare un simbolo, unico e comune a tutto il mondo è il gesto d'affetto, il dono.

2008

San Nicola