sabato 14 gennaio 2012

Il coraggio

 

Un grande ospedale pubblico di una città di provincia. Reparto di radioterapia e medicina nucleare. Dipinto di un bel verde vivo, con vedute panoramiche della città appese alle pareti. Siedo in una delle oasi di poltroncine, verdi brillanti anche queste, un colore da evidenziatore. Attendo e osservo il viavai di gente che passa e va: c’è chi scende da qui perché arriva prima al parcheggio, c’è chi invece è in reparto per donare sangue, c’è chi cerca sperduto la porta giusta e domanda all’inserviente, al medico, all’infermiera che passa dove sia la sede per la MOC o la PET.

È una zona di dolore, certo, ma anche di coraggio: la forza di chi vuole lottare e combattere, vincere la battaglia con tutte le sue energie, con i sacrifici necessari, con lo scotto dei malesseri da mettere in conto e dei medicinali da assumere. Ma questa è la guerra e qui bisogna pugnare: il corridoio dal soffitto basso rivestito di pannelli isolanti diventa allora quasi una scena da film di spionaggio: i valorosi decrittatori di Enigma, i laboratori dove Q mette a punto i marchingegni che consentiranno a James Bond di cavarsela in ogni occasione.

Così appare anche il carattere di quella donna sui sessant’anni con i capelli sale e pepe cortissimi e marito al seguito che regge borsa, cappotto, cartellette. Hanno la dignità del dolore, la compostezza di chi è deciso a non recriminare contro il destino, il fato, Dio, il caos primigenio o il naturale ordine delle cose. Lottatori decisi a prevalere, a fargliela vedere loro. Ripasseranno per la chemioterapia, parleranno al veleno perché diventi farmaco, i piedi piantati per terra. E soffriranno, e staranno male – lei starà male, fisicamente, lui soffrirà come un cane per non potere far altro che consolare la donna che ama, confortarla per quanto può, sentendosi inerme, inabilitato a spaccare il mondo come vorrebbe.

Li guardo salire in ascensore, vanno verso l’accettazione per qualche disbrigo burocratico. Ammiro il coraggio di chi si aggrappa così forte alla vita. E penso alle notizie appena lette sul giornale: adolescenti in coma etilico, sottosegretari che si fanno corrompere, calciatori già ricchi che si vendono le partite… No, molto meglio quei due: almeno loro, nel dolore, vivono…

 

GABRIELLE MUNTER, “NOT FEELING WELL”

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