sabato 18 luglio 2015

Sicilia

 

Le palme, i fiori di campo appena fuori da Fontanarossa, il pennacchio di fumo del vulcano, le arance della Conca d’Oro, gli agrumeti lungo la statale; i fichi d’India sui muri a secco fanno da siepe e da cancellata.

La processione in Duomo a Siracusa, i ragazzi che portavano i gonfaloni e aspettavano l’inizio, la gente seduta ai tavoli della piazza; San Giorgio a cavallo nel Duomo di Ragusa, lo splendore del barocco, il fascino della devozione.

La terra così brulla e secca, le serre di primizie, il contadino con i pomodori sul motocarro vicino a Gela; il mercato ai due lati della strada, gli ortaggi venduti in mezzo al traffico; l’uomo che vendeva pistacchi sull’Etna, al Rifugio Sapienza, nel baule della 127 verde oliva.

Le case inghiottite dalla lava nell’eruzione del 2001, i tetti che spuntavano dal nero: “Questo era un albergo, questa la chiesa” diceva la guida; il liquore dell’Etna, rosso di fuoco e di peperoncino in vendita tra i souvenir.

Il sole a picco sui templi di Agrigento, l’ombrello a fiori della guida, la Magna Grecia, il mito; la granita di limone mangiata a cucchiaiate fuori dal tempio di Zeus, quella di caffè sorbita in un bar di Pozzallo; il liquore di fichi d’India, dolce e forte, in tre colori: arancione, rosso e giallo.

Il fiume Ciane, le canoe che scivolavano leggere poggiando tra le rive di papiri; i fiori d’ibisco, rossi, le bougainvilles viola, le siepi d’erba grassa; il cielo azzurro e le nuvole bianche dietro Piazza Armerina, la città disposta sul colle come un presepio; il mare di San Leone, lo smeraldo o il turchese, la sabbia scura, lavica, i ciottoli levigati, le alghe sui lastroni.

Il petrolchimico di Gela, l’odore di petrolio nell’aria, il divieto di balneazione “per ordinanza sindacale”, gli enormi tubi del complesso; il ponte di Modica, uno dei più alti d’Europa, la città minuscola in basso.

Le ville disabitate del litorale, le seconde case costruite a ridosso delle spiagge e del mare; le strade senza traffico, l’impressione di trovarsi in un altro mondo, all’estero; i ponti autostradali, gli svincoli costruiti nei campi e non collegati.

La Wunderkammer del nobile ragusano che viveva con l’anziana madre: le stanze arabescate, i ninnoli, i tappeti, gli strumenti musicali. Non c’era un centimetro libero. Il circolo nobiliare di Ragusa, il soffitto affrescato, i giornali, il pavimento a losanghe; l’acustica del Teatro di Siracusa: un apparecchio scenico caduto dava l’impressione del tuono.

E il mare, il mare ovunque: calmo, agitato, sentito tutta notte, guardato splendere all’alba, intravisto dietro un tempio, dentro un teatro, oltre una curva.

 

2002

 

POZZALLO – FOTOGRAFIA © DANIELE RIVA

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