sabato 2 giugno 2018

Il filo del passato


Ci siamo ritrovati per caso in questa gita della Biblioteca che ci porterà alle meraviglie di Venezia, a un museo che ci mostrerà i colori del Manierismo. Ci siamo scorti e salutati nel parcheggio, dove abbiamo lasciato le nostre auto e ritrovato il filo del passato. Quanto tempo? Quanti anni? Lo abbiamo riannodato subito e siamo saliti sul pullman, verso il fondo, come ci è sempre piaciuto, occupando una coppia di sedili sul lato sinistro, perché a me è sempre piaciuto guardare le auto in sorpasso e a lei appoggiarsi alla mia spalla e assopirsi.

Ora no. Non siamo più gli studenti che andavano in gita. Ora abbiamo tanti giorni e tante cose da raccontarci e parliamo fitto fitto mentre il pullman percorre la A4 Serenissima e si lascia dietro frutteti e case coloniche, zone industriali e grandi magazzini, anche un aeroporto.
L'autista ha messo un CD di successi degli Anni '80, neanche l'avessimo corrotto, e la nostra musica ci riavvicina ancora di più. Annamaria si lascia andare: mi confida dei problemi che ha avuto, il divorzio, il figlio autistico, il suo studio di architettura che non va troppo bene. Come allora trova in me un ascoltatore paziente. Come allora non ho niente da dirle, ma basta la mia attenzione a consolarla.

Le racconto di quante volte ho percorso questa strada, del mio grande amore liquefattosi senza un perché. Lei coglie con femminile sagacia il mio tormento, mi posa una mano sul ginocchio, lo stringe appena e quel gesto di amicizia è un collante che riesce a riparare la mia voce incrinata. «Ti ricordi di quando ci sbaciucchiavamo di nascosto dai professori su sedili come questi?» mi chiede. Altroché se ricordo: fuori il tramonto incendiava l'autostrada, poi scendeva il buio e noi annegavamo in quella dolcezza. Quanto tempo. Quanti anni...

Annamaria mi guarda con gli occhi accesi e un lampo furbo nello sguardo: «Dai, che il responsabile della Biblioteca non ci guarda...» mi dice, e posa le sue labbra sulle mie...

Il filo è stato riallacciato con un nodo ben stretto.


JACK VETTRIANO, “AE FOND KISS”








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