sabato 14 luglio 2018

L’amore e l’amicizia


La spiaggia era il nostro regno, il luogo dove cementavamo l’amicizia e la spingevamo un po’ più in là, verso la strada che conduce all’amore. Lei amava parlare di questa distinzione: si chiedeva se il rapporto tra un uomo e una donna potesse basarsi solo sull’amicizia o se inevitabilmente dovesse scivolare lungo la china dell’amore. Non avevamo risposte: ci limitavamo a percorrerla quella discesa, a rotolarci piano, giorno dopo giorno di quell’estate dorata e intensa. Un’altra domanda avremmo dovuto però formulare: una volta che una bella amicizia si è trasformata in amore, può, finito l’amore, ritornare amicizia?

Restavamo sotto l’ombrellone a leggere e a risolvere cruciverba, a raccontarci, a ridere: l’amicizia appunto, ma già l’amore penetrava dagli interstizi, lo si poteva arguire da certi sguardi, da un certo sfiorarsi apparentemente casuale dei corpi, dalla dolcezza che mettevamo nel rito di spalmare la crema sulla sua schiena. E facevamo lunghe passeggiate sulla battigia, ci confessavamo segreti che non avevamo detto a nessuno: l’amicizia era già superata, il labile confine era distrutto da certi suoi sorrisi che mi ammaliavano, da certi miei sguardi che la attraevano. L’invasione era in atto, sarebbe bastato poco a completarla: un bacio come un lancio di paracadutisti, come una colonna di carri armati in rapida avanzata.

Accadde una sera nella pineta resa fresca da una mareggiata: un brivido la scosse e la tirai a me per riscaldarla. Le nostre bocche erano vicine, le labbra si unirono come calamite di polo opposto. Il tempo sembrò fermarsi: la luna ferma nel cielo rendeva immobile ogni cosa, solo il rumore cattivo del mare si sentiva lontano, monotono, uniforme nel suo sciabordare. Restammo a lungo abbracciati, ormai la città era caduta, l’assedio terminato.

E l’amore fu, amore intenso e vivace che nasceva dalla precedente frequentazione come amici e poggiava su quelle basi, si innalzava su quelle fondamenta che ritenevamo essere granito, basalto, marmo indeformabile e indistruttibile. Ahimè, erano pinnacoli di sabbia, come quelli dei castelli che i ragazzini costruivano in spiaggia. Sabbia friabile, instabile, pronta a lasciarsi erodere dal vento, a farsi trascinare via dalle onde. Il tempo passò, l’autunno e l’inverno subentrarono all’estate e tutto crollò. E lì la domanda che non ci eravamo posti emerse in tutta la sua drammaticità: l’amicizia sopravvive all’amore? Io dissi di sì, ma l’amore forse era ancora in me. Lei disse di no, e dentro certamente le prevaleva il rancore, la rabbia dolorosa che le donne deluse sono in grado di innalzare a punizione. Giungemmo a un compromesso: non dimenticare tutto ciò che di bello c’era stato nella nostra amicizia. E quello alla fine sopravvisse: il ricordo di istanti felici.


2010






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