sabato 4 agosto 2018

Wile E. Coyote dopo aver catturato Beep Beep


Sta scendendo la notte sul deserto. Qua e là tra i cactus e i cespugli ballerini svolazzano via piume azzurre, altre blu si impigliano ai saguari. Restano solo le braci del fuoco, i due rami a Y su cui è stato posto lo spiedo. In quella luce rossastra Wile E. Coyote ripulisce l’ultimo cosciotto con i denti aguzzi.

“Non è nemmeno buono” sta pensando, “carne dura, coriacea. Eh be’, tutte quelle corse hanno bruciato il grasso, hanno lasciato solo muscoli”. Appoggiato a uno scatolone dell’ACME, sta riflettendo che quello che più desideriamo, quello cui pensiamo notte e giorno, non sempre vale la pena, che il desiderio soddisfatto ha perso gran parte del suo fascino. Lo dicono anche i poeti. Lo dice Montale: “In attendere è gioia più compita”. Lo dicono i filosofi come Lessing: “L’attesa del piacere è essa stessa piacere”. Forse di più, direbbe Wile E. Coyote, se conoscesse Lessing.

Così, ora che restano solo ossa del roadrunner, e qualche piuma colorata, il coyote si sorprende a guardare le stelle e riesce finalmente a formulare la domanda che gli gira in testa da ore senza riuscire ad essere compiuta: “E adesso, adesso che finalmente l’ho catturato, adesso che l’ho cucinato e mangiato, adesso che cosa farò?


DG coyote

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