sabato 2 febbraio 2019

Il treno dal nome gentile


Il treno che mi conduce lontano ha nome gentile e sedili comodi, il vagone è arredato nei toni del verde e del blu. Sono seduto comodo al caldo e guardo scorrere il panorama dietro il finestrino: le valli, i fiumi, i paesi e le stazioni che si avvicendano hanno come un’impronta di te quasi che il tuo volto sia stato inciso sul vetro.
È da quel pomeriggio di tempesta, quando l’acqua salata sferzava il mio viso e le lacrime si confondevano con gli spruzzi delle ondate, che la tua immagine mi si è impressa sulla retina, tatuaggio indelebile. Sembra strano che in certe situazioni l’amore possa nascere, che possa sbocciare come un fiore nell’arido cemento.
Quanto vorrei riconoscere adesso la tua andatura lungo il corridoio, avvolta in un morbido cappotto scuro, o fuori, in qualche piccola stazione dal nome sconosciuto con stenti fiori nelle aiuole invernali coperte dalla neve: tirerei l’allarme, scenderei al volo.
Ma il treno dal nome gentile corre nel vuoto dell’ultimo pomeriggio, corre nella nebbia che annienta ogni cosa e tu sei un’ombra stampata dentro gli occhi che stancamente si chiudono al buio.

2002


EDWARD HOPPER, “COMPARTMENT C, VOITURE 193”


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