sabato 29 gennaio 2011

Sera di neve

 

Il tempo continuava a essere brutto. “Febbraio quest’anno è davvero corto e maledetto” disse Maria guardando la neve cadere oltre i vetri appannati. Paola affondò il pollice nell’arancia e la divise a metà; l’odore aspro della scorza si diffuse nella piccola cucina. “Contiene tante vitamine: dovresti mangiarne una anche tu” disse a Maria che la guardava con aria interrogativa.

Le due ragazze erano giovani maestre, avevano affittato quella casa da poco. Fatti due conti, avevano deciso di vivere sotto lo stesso tetto per via dei costi sì, ma anche per la compagnia: quel paesino di montagna non offriva molti svaghi e la sera era piacevole poter parlare con qualcuno. “Ha telefonato Andrea?” chiese Paola. “Ancora no”. Andrea era il fidanzato di Maria, un medico che stava svolgendo il servizio militare a Merano come sottotenente del servizio sanitario. Erano state a trovarlo nel mese di agosto: la città era in festa e le due ragazze si innamorarono subito dei fiori e della romantica atmosfera da Belle Époque che vi si respirava. Mancavano solo due mesi al congedo, poi Andrea sarebbe ritornato al paese. Maria lo aveva conosciuto lì, aveva anche tentato di convincerlo dei vantaggi di una grande città, ma lui era rimasto del suo parere. E come dargli torto? Paola temeva un po’ il giorno in cui sarebbe tornato Andrea: le sue sere sarebbero state quelle di un tempo, solitarie e tristi.

Paola pensava spesso al suo unico amore, intenso ma breve, un amore che non era mai finito, come un armistizio non dichiarato, eppure non esisteva più. Si chiedeva di tanto in tanto se anche lui si trovasse in quella condizione, sperava sempre che una nuova scintilla riaccendesse il motore. Squillò il telefono. Era Andrea. Maria rimase a lungo a parlare con il fidanzato. Paola guardava fuori: la neve cadeva lieve ormai da ore. Prese un libro dallo scaffale e cominciò a leggere. Le pesava sul cuore il pensiero della sua solitudine insanabile, come una malattia, come quella coltre di neve così pesante che avvolgeva il paese per gran parte dell’anno. Guardava le pagine ma non leggeva: fantasticava. Sognava di essere chiamata da Maria: “Ti vogliono al telefono, è una voce maschile” e lei lentamente si avvicinava alla cornetta, la impugnava quasi al rallentatore, ed era il suo amore.

“Sabato Andrea torna in licenza... Paola, ma mi stai ad ascoltare?” Il sogno ad occhi aperti si dissolse come una bolla di sapone. “Sì, che bellezza” disse Paola e sentì che stava per piangere. La solitudine le pesava di più, come se lui davvero le avesse telefonato.

 

Jack Vettriano, “Winter white and lavender”

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