sabato 16 aprile 2011

L’ultimo treno

 

Come ogni sera siedo nel buio aspettando che l’ultimo treno passi. La fiamma della candela alla citronella accesa per tenere lontane le zanzare ondeggia nel bicchiere di vetro assecondando le carezze del vento lievissimo che di tanto in tanto si leva. Così illumina il balcone su cui mi trovo, disegnando ombre sugli oggetti consueti, che appaiono diversi da come sono abituato a vederli durante il giorno: il tavolo bianco, le liste delle sedie di resina, i vasi con gli ibischi, la grande felce, le gazanie nei portavasi sospesi alla ringhiera. I lampioni della strada bagnano solo di striscio questa oasi che mi sono ritagliato: la loro luce metallica, artificiale, colpisce lateralmente il balcone: riesco a vedere le falene girare folli attorno ai globi luminosi. Dall’altra parte invece, dove dovrebbe arrivare il treno, c’è soltanto un isolato lampione, per il resto i giardini che si susseguono l’uno dopo l’altro sono nel buio. Se aguzzo gli occhi, riesco a vedere il barbagianni appollaiato su un filo del telefono: un punto nero nel nero, in attesa di piombare sulla preda. Negli orti il riccio frugherà il terreno cercando pomodori caduti, le chiocciole addenteranno la lattuga, il gatto sornione guaterà con occhi fosforescenti il topo di campagna.

Là, dove dovrebbe passare il treno, in una trincea leggermente incassata, solo qualche riflesso improvviso. Ma il treno tarda. Mi restano le stelle da ammirare in questa notte senza luna: cerco il Carro, mi ci vorrebbe una mappa del cielo per distinguerle. I pipistrelli svolazzano in circolo, guidati dai loro radar. Di tanto in tanto passano silenziosi i puntini luminosi di un aereo, li seguo fino a che scompaiono dall’altro lato dell’orizzonte.

Poi finalmente il segnale che attendevo: le campanelle che indicano che il treno ha lasciato la stazione precedente, sento le altre campane segnalare che si stanno abbassando le sbarre del passaggio a livello. Mi immagino la luce rossa del segnale, le auto che si fermano, i più coscienziosi che fermano il motore, i più smaliziati che conoscono la strada alternativa per saltare il passaggio ferroviario. C’è anche l’annuncio, mi giunge da lontano, ma chiaro, portato dalla notte: la voce metallica dice “Il regionale 7043 proveniente da Milano Porta Garibaldi e diretto a Bergamo delle ore 22.38 è in arrivo al binario 1. Allontanarsi dalla linea gialla”. Un minuto, forse meno. Il treno arriva, sosta giusto il tempo di far salire e scendere i passeggeri – immagino la stazione, la sala d’attesa, sono molti stranieri a scendere – poi, riparte, prende lentamente velocità, percorre i cinquecento metri che mancano al punto che posso osservare da qui.

Eccolo: passa con le carrozze illuminate, passa sferragliando. Scruto nei vagoni, ma non c’è, non c’è, la viaggiatrice che attendevo non c’è.

 

Geograph

IMMAGINE © GEOGRAPH

1 commento:

Adriano Maini ha detto...

Un incanto! Tutto. Un po' di preferenze per il riccio, il barbagianni, il treno.