sabato 6 ottobre 2012

Ballare bene

 

“A balàa bègn se fàa la murusa” diceva mio zio, quando le sere d’estate giocavamo a scopone scientifico e toccava a me calare sul tavolo una carta perché non potevo effettuare una presa. Mi vedeva indeciso e immancabilmente ogni volta saltava fuori quella frase. Cercavo di mettere una carta di scarso valore, un quattro, un cinque, il due o il tre se erano già stati conquistati quelli di quadri. In qualche occasione, quando mi sentivo ispirato, stupivo spazzando con l’asso o buttavo un sette. Ma il più delle volte mi toccava abbozzare e “ballare”.

Quando lo zio mi diceva che “a ballare bene ci si fidanza” – quello significa la frase in dialetto milanese – ero un ragazzo di sedici-diciassette anni e mi vedevo sulla pista di qualche discoteca a ballare vestito come John Travolta: “La febbre del sabato sera” era solo di qualche anno prima, avevo visto “Il tempo delle mele” in un cinema di Bergamo e “Stayin’ alive”, “Flashdance” e “Footloose” stavano per uscire. Danzavo con una bella ragazza, di quelle che magari avevo incontrato durante il giorno o quelle che avevo conosciuto al mare. Il gioco, inevitabilmente, proseguiva: gli altri prendevano o a loro volta “ballavano”, ma io continuavo a distrarmi, a piroettare, a flirtare con le mie immaginarie compagne di danza…

“Tocca a te…” spesso mi dicevano e allora osservavo il gioco ed eseguivo la mia mossa… Se mi toccava “ballare” ancora allora sì che erano guai!

 

FOTOGRAFIA © ALLMOVIE / PARAMOUNT

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