C’è una striscia dei Peanuts, pubblicata il 24 luglio 1962, in cui Linus passa trascinando la sua coperta e Snoopy è pronto a morderla e portarla via. Linus lo ammonisce “Non fare qualcosa di cui potresti pentirti”. Snoopy desiste, ci riflette e pensa “È un buon consiglio”.
È davvero un buon consiglio, ottimo direi. Eppure, molte volte lo abbiamo disatteso, troppe volte siamo precipitati nell’abisso del rimpianto, perché abbiamo scelto la strada sbagliata quando la via principale divergeva come nella poesia di Frost – quella battuta, probabilmente, quella seguita da tutti mentre noi avremmo preferito imboccare il sentiero più solitario. O perché invece non abbiamo compiuto quel passo che avrebbe cambiato la nostra vita o ci avrebbe spinto nell’abbraccio dell’amore. O ancora invece perché quel passo lo abbiamo invece compiuto e i risultati sono risultati diversi o addirittura all’opposto di quello che avevamo immaginato e desiderato.
E questo capita perché molto spesso ci affidiamo all’istinto più che alla ponderazione e ci lanciamo come acrobati forse coraggiosi o forse impavidi e quindi incoscienti, fidando nell’attrezzo, nelle nostre capacità, nel partner e nella rete di sicurezza. Il fatto è che non si può tornare indietro e quel che è fatto è fatto. Se fossimo saggi, capiremmo almeno questo e seguiremmo un altro buon consiglio, quello del Maestro di Khalil Gibran: «Amico mio, non essere come quello che siede presso il suo camino e guarda il fuoco che si spegne per poi soffiare, vanamente, sulle morte ceneri. Non rinunciare alla speranza, non abbandonarti alla disperazione a causa di ciò che è passato, giacché rimpiangere l'irrecuperabile è la peggiore delle umane debolezze».
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