sabato 29 luglio 2017

I riti del Presidio


Durante l'anno di servizio militare ero scritturale alla Delegazione Presidiaria, prima nota come Presidio in quanto indipendente dall'analogo ente di Bolzano. Il primo mese avevo un collega più anziano; quando si congedò dopo un mese in cui rimasi solo, mi affiancarono un alpino appena uscito dal Car. Gli insegnai i riti che vigevano da chissà quanto in quell'ufficio, come me li aveva insegnati l'alpino dello scaglione più avanzato.

C'era ad esempio una specie di gioco dell'oca ricavato da una scatola di carta per ciclostile - un rettangolo largo il doppio della sua altezza: non c'erano i classici numeri, ma quelli da 350 a 1 e quell’uno era un’alba radiosa, ovvero contava i giorni che mancavano al congedo. Le pedine - solo due - erano bandierine triangolari di colori diversi incollate a uno spillo: ogni mattina aprivamo il cassetto dove era riposto e spostavamo avanti di uno il nostro segnalino.

In un armadio, attaccato con del nastro adesivo ad un'anta metallica, c'era l'elenco di tutti gli scritturali che erano passati di lì - una ventina d'anni mi pare di ricordare, quindi circa quaranta nomi cui aggiunsi anche il mio con annessa firma e cui feci aggiungere il nome del mio nuovo collega. Quella che si poteva in qualche modo definire la "stecca" di quell'ufficio.

Avevamo poi il timbro con la dicitura "Annullato" e alle cinque di sera (il mezzogiorno del sabato) stampigliavamo sul calendario in inchiostro rosso a fianco del giorno appena trascorso un "Annullato". Era un giorno di meno a separarci dalla libertà, era la valvola di sfogo che ci permetteva di tirare avanti. Così spegnevamo le luci, chiudevamo l’ufficio e andavamo a prepararci per uscire pregustando la libertà di giorni futuri.

Ottobre 1992


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