sabato 12 gennaio 2019

Il gioco del ricordo

Chi scrisse che anche l'Olimpo è deserto senza amore? Kleist, mi pare. Be’, aveva ragione. Leggi certe frasi e le trovi belle, interessanti, però non sai se sono vere. Ora che lei se ne è andata, posso testimoniare che la frase di Kleist è vera.

Nella grande sala che fu teatro del nostro amore c’è il vuoto: non c'è più il caminetto caldo per passare ore insieme davanti al fuoco a leggere o a parlare, non c’è più il pianoforte, non ci sono più la colonna di marmo che lei amava tanto, i dipinti dell'Ottocento, le stampe. Non ci sono più, anche se sono ancora lì: sono ombre prive di senso, vuote. E il vuoto è in me.

Mi sembra di vederla ancora lì con il vestito bianco che prediligeva, seduta a tentare la tastiera del pianoforte, suonare i Lieder tedeschi o il “Sogno d'amore” di Liszt. La vedo accomodare i fiori nel grande vaso di cristallo, è lì con le forbici a recidere i gambi troppo lunghi; sono rose, rose che le ho regalato io. E come brillano i suoi orecchini, ora anche il camino è acceso, in uno scintillio di faville riverbera sulle pareti, sulle tele. Ed ecco che balliamo, suonano i violini; fuori il vento impazza, sibila tra le persiane, ma qui dentro è una festa di colori: c’è lei. Si danzi, si balli: c’è lei. Si libi, si brindi: c'è lei!

Tutto è svanito, tutto è spento: il gioco del ricordo è finito senza lasciare cenere. La stanza è ritornata come prima: scialba, buia, anche il pianoforte sembra più piccolo, polveroso. Solo la malinconia e la tristezza pungono di più.

1994


IMMAGINE © PAINTING AND FRAME

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