sabato 5 gennaio 2019

Metropolitana


Sotterranea. Metropolitana, un pomeriggio sul tardi sulla linea verde, ma potrebbe essere qualsiasi ora: qui dentro il tempo non esiste se non nei grandi orologi al quarzo che ne scandiscono lo scorrere. Una fermata qualunque, si somigliano un po’ tutte: la grande fascia verde con il nome della stazione scritto in bianco, i cartelloni pubblicitari che inghiottono lo spazio dei muri. Luci notturne. Fredda musica di sassofono nell’aria come colonna sonora di un film.

Cammino sulla gomma nera, lentamente. Mi sento come se fossi sdoppiato, come se recitassi la mia parte in questo mondo che vive una sua esistenza indifferente nelle viscere oscure della città. Sopra pulsa il cuore di Milano, i tram e gli autobus avanzano lentamente nel traffico, pachidermi in un percorso obbligato di automobili, taxi e furgoni dell’ATM. I turisti si affollano in Piazza del Duomo, seguono le guide con l’ombrellino negli androni del Castello, tra i negozi della Galleria. Ma qui sotto nulla esiste, né il giorno né la notte, né dentro né fuori… Su una panchina una ragazza legge una rivista di moda. Bambini circondano il distributore rosso e bianco della Coca-Cola, giovani madri li assecondano discorrendo.

La musica. È la musica che dà la sensazione di essere in un film, quel jazz che fa di Milano Los Angeles e della mia vita un film, quel sassofono ossessivo che crea una magia. Quando arriva la metropolitana il sogno cessa: svanisce la musica, io torno io e il film non è mai stato.

1999


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