sabato 17 marzo 2012

Lettera non spedita (V)

 

Cum ventitabas quo puella ducebat...
CATULLO, Carme VIII   

Carissima P.,
           se ti penso ancora non è per caso, non è certo quello che io credevo essere un'illusione, quel sogno di Gozzano nutrito di rimpianto. Non è per caso che nella mente mi risuonano quelle parole nuove dette tanti anni fa ormai e che tuttavia non pèrdono il loro valore, semmai sono valorizzate dal trascorrere degli anni. E quella tempesta  di dubbi e di emozioni, quel vortice di passioni e di timori che forse troppo frettolosamente noi chiamammo amore mi sollevarono qualcosa dentro, non so, quasi una leva, un interruttore, e da ragazzo fui uomo nel dolore di averti persa.

Quante sere da allora ho passato a rimirare le stelle e la luna in ricordo di quella sera di settembre mai dimenticata. E il ricordo associava alle stelle e alla luna il tuo viso, il tuo corpo, la sabbia umida, le luci dei pescherecci al largo, l'aria frizzante... Eri tu la donna giusta, ora lo posso dire, ora che tutti me l'hanno detto senza scrupolo di ferirmi. Eri tu la mia rosa non colta. L'ho capito da solo quando apparivi improvvisa nei miei sogni, evocata da un pensiero inconscio. Eri tu, separata  da me da una barriera trasparente e insormontabile. Eri tu e dicevi "Vieni a vivere da me, abito sul lago". Eri tu che mi parlavi, tu che mi baciavi. E al risveglio non c'eri più.

Ahimè, è troppo corta la coperta del ricordo, non vale a scaldarmi tutto e la tua voce come di sirena risuona troppo lontana  nello spazio e nel tempo, è un biglietto lasciato nell'arca di Giulietta, un augurio, un disperato bisogno d'amore. Sono passati troppi anni ormai: temo di confonderti con il sogno, con una figura idealizzata che da sempre mi porto dentro, ma non posso fare a meno di guardarti, comunque tu sia, perché non ti voglio dimenticare. E quando ti guardo il cuore batte ancora di più, gonfio di rimpianto perché non ti posso avere davvero vicina, perché rimani e rimarrai la rosa non colta.

 

JOHN FREDERICK PETO, “TABLETOP STILL LIFE. A LETTER FROM NEW YORK”

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