Le immagini si susseguivano instancabili come una fila interminabile di formiche: si presentavano agli occhi chiusi sotto forma di spezzoni cinematografici o di fotogrammi o di luminose fotografie. Un sogno? O la fusione di pensieri e illusioni con l'immaginario? Mathilda seduta sulla riva del mare o di un lago, assorta, il bel corpo magro su uno scoglio ruvido. “Prima che all'amore voglio pensare al sesso” aveva detto. Ma era lei che baciava lo specchio? Era lei che, presi i vestiti, usciva nuda nella luce rossa tenendo il fagotto sotto il braccio?
Sei troppo bella e la tua bellezza urla triste: guardate le modelle longilinee e senza seno, guardate i loro visi, le labbra: non sorridono mai. Desideravano quello che non potevano avere: poi l’hanno avuto e ora desiderano quello che non possono avere e che forse avevano allora e per loro il giorno è grigio. Mathilda si rotola nuda sulla sabbia e sorride, anzi ride, ride come una bambina, poi si alza e porge il viso al sole, porge tutto il suo corpo come a un dio perché ne faccia ciò che vuole.
Vorrei che l'anima mia tutta
entrasse nel tuo corpo minuto
ed essere io il tuo pensiero
ed essere io la tua bianca veste. *
“Più dea che donna” aveva detto e lei non si smentiva nell'ultimo tramonto, Venere di Cipro con quel cappello in testa e le gambe nude si era poi seduta e contemplava la sabbia, calcolava il vento e il fluire del tempo; si rivelava donna sorridendo, animaletto docile e triste che chiedeva carezze.
Ed io penetrerò intanto
nel tuo corpo dolce e debole
e sarò, donna, te stessa
dimorando per sempre in te. *
Mathilda ora ti capisco, ora ti so tutta e mi sembra che sia stato sempre così; ora ti comprendo, sento i tuoi dolori come se fossero i miei, ora che non ci sei, ora che non so più dove trovarti.
(9 settembre 1991)
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