sabato 14 giugno 2014

Lettera non spedita (X)


Cara P.,

quante cose non ti ho saputo dire, quante altre non ti ho voluto dire: l’estate correva con i suoi giorni di sole come cavalli sulla riva del mare e io invece credevo di avere tanto tempo per esprimerti i miei sentimenti, per raccontarti il futuro come lo vedevo. Credevo di avere davanti dei secoli allora e invece erano solo giorni, ore, minuti, e tutto quello che dovevo fare con te non l’ho fatto, per timore di ferire te o me, oppure per mancanza di coraggio, se vuoi metterla così.

Il risultato di ciò è che infine sono precipitato nel rimpianto di te, quando il ricordo di un tempo ormai perduto avvelena una gioventù che svapora, che si allontana sorda ai richiami di chi grida per chiamarla, certo che infine si volterà. Non si è voltata, non si volta mai: è una donna perduta per sempre, come te.

E tutte le cose che dovevo dirti allora non te le dirò adesso: il tempo che talora è balsamo per certe ferite talvolta si rivela invece veleno – farmaco è parola greca che consente entrambe le accezioni – così non mi umilierò, non mendicherò pietà, non mi prostrerò davanti a una dea che forse per misericordia o convenzione fingerebbe di udire le mie parole sorridendo senza dire. Semplicemente metterò questa lettera nel cassetto, insieme alle altre che non ti ho mai spedito.


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FOTOGRAFIA © PETAR MILOSEVIC

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