sabato 5 luglio 2014

Una primavera a Merano

 

Alle cinque il maresciallo Peruzzello e i Carabinieri salirono sulle loro auto e se ne andarono, come ogni sera, attraverso il cancello verde che uno dei tre ragazzi aveva aperto. La primavera diffondeva i suoi effluvi, con i ciliegi in fiore sulle colline circostanti; un tepore piacevole aleggiava nell’aria. Andrea chiuse il cancello, poi lanciò una pallina da tennis nel cortile. I ragazzi cominciarono a giocare a calcio con quella piccola sfera utilizzando il solido cancello verde come porta. Al di là dell’inferriata pulsava la vita: scorrevano automobili, motorini, biciclette; gli autobus arancioni dell’azienda municipale sostavano e ripartivano caricando e scaricando gente, quelli blu della società Dolomite entravano nel vicino deposito, altri ne ripartivano. Il sole calava e nella conca dei monti scendeva l’oscurità. Andrea pensava che mancavano pochi giorni al congedo, si beava di quella situazione, sentiva che tutti gli sforzi di un anno svanivano lentamente nel sapore della libertà che si apprestava a gustare di nuovo.

Ora non si vedeva quasi più, si accendevano le luci della strada, si illuminavano le finestre dei palazzi. Andrea raccolse la pallina e chiuse l’ufficio. Ferrola serrò la porta del Nucleo Carabinieri. I tre ragazzi si avviarono verso la camerata per farsi una doccia e cambiarsi prima di uscire.

Quella sera decisero di cenare al ristorante cinese Kota Radija: forse fu la primavera a imporre la scelta. Entrarono attraverso la porta adorna di lampioni di carta e di ideogrammi. Presero posto ad un tavolo da cui si vedeva il giardino: nel centro c’era un albero gigantesco e sui rami centinaia di gemme erano pronte ad esplodere in verdi foglie. Una dolce musica orientale suonava. La cameriera, una giovane ragazza orientale minuta e molto carina, portò birra di Shangai e “nuvole di drago”, riso alla cantonese e pollo alle mandorle. Provarono a mangiare con i bastoncini, solo Andrea continuò per tutta la cena. “Sono un veterano” pensò con un sorriso ricordando la prima volta che era stato lì e la cameriera che gli aveva insegnato l’uso delle bacchette posizionando le dita con le sue mani morbide.

 

1997

 

Ferrario e Rossi

  FOTOGRAFIA © DANIELE RIVA

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