sabato 20 settembre 2014

Agrigento

 

Al campo dell’Olympeion il gigantesco telamone dorme sulla terra rossastra, fine come sabbia, ma non la sabbia di qui, quella vulcanica che ho visto alla spiaggia di San Leone quando mi sono fermato a pranzo. Il tempo è fermo, immobile in questa Valle dei Templi adagiata tra la campagna e il mare – non ci fosse la città moderna distesa come un indumento sulla collina, non risaltasse quel lungo viadotto autostradale che appare all’improvviso dietro il Tempio di Castore e Polluce. Il tempo sembra sempre fermo in Sicilia: l’ho sentito bloccarsi a Ragusa Ibla, nella piazza davanti alla Cattedrale di San Giorgio; ugualmente ho provato quella sensazione guardando la piana da Piazza Armerina. Forse è per via della luce, così diversa da quella cui sono abituato nel verde lombardo, o è per via di quel colore brunito che permea ogni cosa, case e terre...

Ma poco fa, al Tempio della Concordia, l’ho sentito fuggire all’indietro il tempo, l’ho udito scorrere come un fruscio – forse era soltanto il vento che soffiava leggero dal mare e giocava con le erbe aride sotto le pale dei fichidindia. Ho fantasticato quella peristasi riempita di vita, la vita di oltre duemila anni fa: la Vestale di Era mi considererebbe certo un empio vedendomi frugare le colonne con lo sguardo, provando a immaginarla vestita di una tunica bianca e celebrare i suoi riti. E fuori, al di là del tempio, oltre lo strapiombo, triremi veloci solcavano il mare azzurro di Sicilia, portando mercanzie e soldati.

Mi ha distolto dai miei sogni ad occhi aperti l’ombrello a fiori della guida, la sua voce monocorde si era persa nel mormorio del mare fino a che non ha sollecitato il riso delle donne raccontando una storia sulla verginità delle sacerdotesse. Adesso ha finito il suo giro, ci indica l’uscita. La ragazza del furgoncino delle granite ricorda nei tratti la Venere Ericina...

 

FOTOGRAFIA © DANIELE RIVA

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