sabato 22 novembre 2014

Binario 7

 

Il cielo rovescia secchiate d’acqua sugli archi della stazione, sembra non debba smettere mai, continuare a piovere finché la vetrata cederà e l’acqua invaderà ogni cosa, spazzerà via i botteghini dei giornali, i baracchini che vendono i biglietti dei treni, i chioschi dei panini, i negozi alla moda dalle vetrine scintillanti.

Marco ha fatto una corsa, ha la giacca bagnata, ha i capelli bagnati, gli occhiali bagnati e appannati: doveva essere qui, doveva assolutamente venire in stazione per salutare Anna, per dirglielo... È da anni ormai che sono amici, hanno condiviso turni di lavoro in ospedale e feste e gite. Hanno spesso pranzato o cenato allo stesso tavolo, si sono confidati segreti, si sono raccontati tutte le storie che intraprendevano. Ma adesso... Adesso Anna parte per un ospedale del sud, si trasferisce per stare vicina alla madre malata e lui, lui deve dirglielo. Deve. Quel pensiero lo ha ossessionato per tutto il tragitto a piedi sotto quella pioggia grassa nelle vie ancora più grigie di Milano.

È davanti al grande monitor con le partenze e gli arrivi, si asciuga gli occhiali per leggere, ma non serve: il Frecciarossa per Napoli è annunciato in partenza dal binario 7. È vicino, vi si precipita travolgendo anche una valigia, spintonando i viaggiatori in transito. Trova Anna mentre sta per salire, è scesa per prendere una bottiglietta d’acqua dal distributore automatico: la guarda con quegli occhi da buono, le labbra si aprono in un sorriso stirato, sofferente. Riesce a pronunciare tutto d’un fiato: «Voglio che tu resti: ti amo». Ecco, è finalmente riuscito a dirlo e lei rimane lì immobile, come una statua di sale. O almeno è quello che gli sembra per qualche secondo, almeno fino a che anche lei apre il sorriso, un po’ imbarazzato e un po’ dolce, e gli accarezza i capelli. Adesso sa che senz’altro Anna partirà: le sue valigie sono già sul treno, ci ha già messo un piede, ci ha già messo la sua vita. Marco lo sa: non resterà proprio adesso che ha deciso, non tornerà.

È ormai tempo di salire: manca un minuto alla partenza del treno. Lui sta così male che quasi non si rende neppure conto che lei gli sta baciando le labbra: non sa più che cosa pensare, non sa più quale sarà il suo futuro. Anna sale sul treno che la porterà al sud, si volta ancora una volta prima che le porte si chiudano, «Anch’io ti amo» gli dice, «Anch’io ti amo» poi gli grida temendo che lui non abbia sentito. Le porte si chiudono, il treno parte, gli rimane l’immagine di lei, della sua mano destra che si agita appena per salutarlo, del bacio che gli lancia prima di girarsi, con gli occhi pieni di lacrime.

Il treno se la porta via, lontano, e Marco resta lì, solo e disperato, seduto su una fredda panchina di marmo al binario 7 della stazione, tanto innamorato. Ripensa a quell’incontro durato meno di cinque minuti, si rende conto che lei lo ha baciato e in fondo al cuore si sente felice. Si incammina, scende le scale mobili, attraversa l’atrio, esce nel piazzale. Piove ancora. Tira su il bavero e torna in ospedale. Le gocce d’acqua si mescolano alle sue lacrime.

 

Say-goodbye-at-the-train-station

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