sabato 13 dicembre 2014

Aspettando

 

(martedì)

E non ha chiamato neppure oggi. Mi sono alzato e la speranza si è levata con il sole, nuova - come se il lunedì non fosse trascorso invano. Con il passare delle ore però si è fatta come un’eco lontana, come il rumore del mare nelle sere d’estate quando siedi al tavolino di un caffè a bere birra o a mangiare una coppa di gelato, che so, un “Eis-Café” o una “Nafta”, o ancora come la musica di un’orchestrina che arriva soffusa da un giardino o un’opera lirica alla radio in certe mattine piene di sole.

Così mi ha infine preso il nervosismo, sono stato teso e scattavo per un non­nulla, finché non sono caduto in una sorta di avvilimento, che perlomeno è riuscito a calmarmi. Spero di non arrivare al panico...

Poi c’è stato anche il temporale, con chicchi di grandine grossi come biglie di vetro e vento che mi ha portato un bruscolino nell’occhio. C’è voluta più di mezz’ora perché riuscissi a toglierlo, e in quel tempo non ho certo pensato a lei che non mi chiama. Forse per il sollievo mi sono sdraiato sul letto ad ascoltare un album degli Eagles, “Take it easy”. E ho ripensato a lei.

Poco fa mi sono messo nel posto in cui mi ha detto quella famosa frase “Ti faccio sapere qualcosa”, come per esorcizzare i miei timori. Allora era quasi mezzo­giorno e c’era il sole a picco, adesso è sera, c’è la tramontana lasciata dal temporale e nuvole bianche e grigie chiazzano il cielo. Non è la stessa cosa.

(mercoledì)

“Non dari spes sine metu nec metum sine spe” scrisse Baruch Spinoza nella sua “Ethica”. È vero. Posso testimoniarlo in questi giorni di speranza venata d’angoscia: sogno che avvenga quello che desidero e al contempo temo che non avvenga, per qualsiasi motivo.

Ho provato a enumerare le varie ragioni per cui lei non mi ha ancora chiamato, dalla mia errata interpretazione delle sue parole a problemi che affliggano lei, a eventi che le abbiano impedito di svolgere la sua missione. Ciò mi ha fatto stare meglio: la mia aspettativa ha ripreso un po’ di fiducia. Sarà anche lo splendido sole che sfavilla, sole d’estate piena in un cielo azzurro e terso, quello che lasciano i temporali quando se ne vanno.

(giovedì)

La speranza si va lentamente trasformando in illusione, come per una di quelle magie mitologiche: Bauci trasformata in statua di sale o Niobe impietrita. Il prossimo passo è lo sconforto, ma mi auguro che non arrivi mai.

L’approssimarsi di un altro lunedì mi ridà pero carica, quasi avessi potuto comprendere male le sue parole, quasi che in effetti lei intendesse non il lunedì che è alle spalle, ma il prossimo, quello venturo nella quindicina.

Così trascorro giorni quasi uguali, nell’attesa. Ascolto radio e sono tornato al mio vecchio pallino: i dischi degli anni Settanta di Lucio Battisti.

(venerdì)

Con la logica. Con la logica - ho pensato - posso venirne fuori. Ed infatti la mia speranza ha recuperato vigore: lei non mi ha telefonato (“Ti faccio sapere qualcosa”) per dirmi di sì, d’accordo, ma neppure ha telefonato per dirmi di no, cosa che avrebbe sicuramente messo K.O. oltre alle speranze anche il mio morale.

Con la logica dunque ancora mi salvo, come naufrago aggrappato a un salva­gente, e mi sono preparato una valanga di motivi per cui la sua telefonata ha tardato e tarderà ancora.

(1999)

 

Olson

ERIK OLSON, “CHRIS”

Nessun commento: