sabato 17 ottobre 2015

La lezione della storia

 

Guardavo la luce del mattino discendere dal cielo, farsi nebbia, ricoprire la neve caduta sulle vette a partire dai duemila metri. Lì, al Passo del Tonale, ottobre disegnava una terra brulla dove spuntavano dalla pioggerella gli impianti per lo sci e le tipiche case di montagna: hotel, bar, rivendite. Sono entrato nel piccolo Sacrario Militare e ho sentito tutto l’orrore della guerra, la sua follia che mai riusciamo a superare.

Mi sono portato quella sensazione poi a Forte Strino: fuori abeti e larici, un cielo che era divenuto intanto azzurro, dove galleggiavano fiocchi bianchi di nuvole – avevo davanti un paesaggio da mozzare il fiato e alle mie spalle una fortificazione, uno strumento bellico in mezzo a tanta bellezza. All’interno del forte faceva freddo: ascoltavo la guida parlare di quei soldati acciambellati accanto alla mitraglia e i loro brividi erano i miei. Pensavo a quanti stenti e a quanta fatica dovettero sopportare, così come gli abitanti del vicino paese di Vermiglio, distrutto dalla guerra, deportati, profughi, obbligati a ricominciare la loro vita dal nulla.

Ripetevo con Ungaretti: Non ho più nulla / da dare / che questa durezza / di vita battuta / come una strada / di guerra. Ripetevo con Wilfred Owen: Se a ogni sobbalzo sentissi il sangue / sgorgato dal marcio dei polmoni, / osceno come un cancro, amaro come un rancio / amico mio, con tanto zelo non ridiresti / a bambini arso di disperata gloria, / la vecchia menzogna: Dulce et decorum est / pro patria mori”.

Sono uscito nel sole: il Monte Vioz era lì, cento anni dopo, qualche batuffolo di ovatta impigliato ai suoi larici. E la lezione della storia nuovamente dimenticata dagli uomini.

 

Forte Strino

FORTE STRINO – FOTOGRAFIA © DANIELE RIVA

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