sabato 24 ottobre 2015

Una lezione di politica

 

Da qualche tempo la discarica comunale – chiamata con garbato e ipocrita eufemismo “isola ecologica” - del mio paese è stata dotata di accesso condizionato con Carta Regionale dei Servizi, che il volgo chiama invece “tessera sanitaria”. In pratica questo significa che il sistema controlla non solo che chi viene a depositare i rifiuti è un residente ma anche limita gli accessi a un numero definito di macchine, cioè sei.

Messa così, sembra una cosa asettica, pur parlando di rifiuti, che al massimo attinge alla sfera privata dell’individuo, che si sente da un lato leso nella sua privacy e dall'altro controllato dall’occhio vigile e indomito del Grande Fratello di orwelliana memoria.

Ma, in realtà, l’automazione è anche la parabola di molto altro: prima, quando l’accesso era libero e controllato casomai dagli addetti, non c’erano lunghe code per entrare e l'operazione di conferire i rifiuti ingombranti, le macerie, il vetro, le batterie, l’erba rasata e i rami potati era tutto sommato rapida. Adesso ci sono code, mugugni, liti, battibecchi. Ovvero, in questo caso si può dire che le norme e la loro applicazione senza un minimo di buon senso - gli arcigni controllori non consentono alcuna eccezione all’ingresso - generano un caos tipicamente burocratico, statale, mentre l’anarchia di prima, praticata in armonica collaborazione dagli utenti era in grado di smaltire con maggior velocità l’uso della discarica comunale.

Insomma, ci siamo fatti dare una lezione di politica anche dalla spazzatura.

 

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