sabato 2 gennaio 2016

L’ultimo dell’anno del 1988

L’ultimo dell’anno 1988 mi trovavo nella Caserma Battisti di Merano: era il mio anno di servizio militare e avevo sfruttato la licenza concessa per il Natale. La maggior parte aveva preferito festeggiare il Capodanno a casa con gli amici e le fidanzate, perciò la caserma era semivuota ed ero uno dei pochi caporali a disposizione. Non avrei dovuto accollarmi servizi, visto che il mio compito era quello di curare l’ufficio della Delegazione Presidiaria: però, vista la carenza di personale, mi vidi affibbiare il turno di caporale di giornata e mi andò ancora bene, evitando così turni più pesanti come quelli delle guardie.

A mezzogiorno mi consegnarono la fascia rossa da mettere sull’omero destro e tornai in ufficio, visto che non sarei potuto uscire. Passai parte del pomeriggio a leggere "Il pendolo di Foucault" di Umberto Eco che mi avevano regalato a Natale e a pulire i locali - il mio collega telefonò da casa per farmi gli auguri, e la cosa mi fece molto piacere.

Alle cinque passai per le camerate a controllare che tutto fosse in ordine e mi sdraiai sulla rete della branda, appoggiandomi al cubo, senza disfarlo. Era ormai buio e c’era un’atmosfera particolare, forse per la festa, forse per quella situazione di essere lontano da casa a Capodanno, forse per quell’enorme insegna lampeggiante “Las Vegas” di un luna park che si vedeva lontano, dalla finestra a oriente, quella da dove un giorno sarebbe spuntata l’alba tanto attesa.

Alle sei e trenta raggiunsi il locale che ospitava la mensa provvisoria – un enorme garage in realtà, attrezzato con le cucine – e cenai con i soliti sodali, che rispettavano più la mia anzianità che il mio grado. Parlammo del più e del meno, poi passai in fureria per apporre qualche firma al registro di caporale di giornata. Il mio compito principale sarebbe stato comunque il contrappello della sera, alle 23.30. Tornai in camerata ad aspettare che giungesse l’ora. Giocammo a carte per un po’, poi Perego annunciò che se ne andava allo spaccio a comprare un panettone e un paio di bottiglie di spumante, «È l’ultimo dell’anno, cribbio!». Il tempo passava lento, il lampeggiare dell’insegna era quasi ipnotico, un po’ come la neve quando cade in larghi fiocchi.

Alle 23.30 il sottotenente che comandava in quel momento le compagnie Comando e Minuto Mantenimento, le due che erano sotto il mio controllo, arrivò, vide la mia fascia rossa al braccio e mi disse «Buon anno. Cominciamo?» Presi la lista con l’elenco dei soldati presenti e iniziammo il giro. Naturalmente anche lui notò, come me, che molte coperte nascondevano chi – stranamente – dormiva proprio la sera dell’ultimo dell’anno, alcuni avevano addirittura posto degli indumenti sui pali delle brande per “ripararsi dalla luce”. Un compagno si affrettava a dire «Presente! Dorme...» Chiaramente era qualcuno che aveva “fatto la fuga”, cioè era tornato a casa a festeggiare con gli amici e non sarebbe tornato che l’indomani sera, per il nuovo contrappello. Il sottotenente non disse niente, io non dissi niente. Avevamo poco più di vent’anni e nessuna voglia di rovinare altri ragazzi e di rovinarci la nottata di Capodanno con le scartoffie.

Finito il giro, era quasi mezzanotte ormai. L’ufficiale andò a festeggiare con i suoi colleghi nella palazzina che li ospitava, io trovai in camerata Perego che mi porgeva un fetta di panettone. Le luci erano state spente, come da regolamento, c’erano le lampade blu di guerra a diffondere il loro chiarore assurdo, che competeva con quello dell’insegna, che ora appariva più vivida. 

«-10, -9, -8, -7, -6, -5, -4, -3, -2, -1...» poi partirono a tempo i tappi delle due bottiglie di Asti spumante e ci augurammo tutti Buon Anno usando i bicchieri di carta come calici di cristallo per fare cin cin. «È l’anno che ci porterà l’alba» disse qualcuno e tutti gridammo all’unisono «All’alba!»

Il 1989 era cominciato.

 

Food and bev

FOTOGRAFIA © FOOD & BEVERAGE

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