sabato 23 gennaio 2016

New kid in town

 

Ero un ragazzo, un quindicenne timido che frequentava il ginnasio e cominciava ad applicare alla vita quegli insegnamenti umanistici che apprendeva a scuola. Avevo finito la quarta e non avevo materie da riparare a settembre: quell’estate fu una delle più spensierate della mia vita. Stavo trascorrendo la mia vacanza al mare e avevo fatto amicizia con alcuni coetanei, in particolare con Paola, una ragazza di Milano, e Miriam, che studiava ragioneria a Udine.

Quel pomeriggio eravamo in spiaggia. Dopo una lunga giornata di calura, il sole ora tramontava sulla pineta incendiando di luce riflessa il mare. Era il crepuscolo ormai e alcuni ragazzi più grandi avevano acceso un falò con dei rami portati dalla marea del mattino. Vi si erano seduti attorno e uno di loro imbracciò una chitarra e cominciò a suonare. Riconobbi le note di “Michelle” che anch’io provavo a strimpellare con scarso successo. Poi passò alla “Canzone del sole” di Lucio Battisti. La Mi Re Mi La Mi Re, accordi che conoscevo a memoria. Ci avvicinammo timidamente al gruppetto e ci fecero posto. Ci sedemmo anche noi a cantare “Il sole quando sorge sorge piano e poi la luce si diffonde tutto intorno a noi, le ombre e i fantasmi della notte sono alberi e cespugli ancora in fiore, sono gli occhi di una donna ancora pieni d’amore”.

Sembrava una scena di quei telefilm che guardavo avidamente la sera all’ora di cena: poteva essere l’Oceano Pacifico, poteva essere l’America dei surfisti. Il ragazzo alla chitarra attaccò un pezzo che non conoscevo, ma che sembrava fatto apposta per alimentare quel mio sogno: “On a dark desert highway, cool wind in my hair, warm smell of colitas, rising up through the air up ahead in the distance, I saw shimmering light, my head grew heavy and my sight grew dim”. Era una musica che mi portava là, in California, altro che il “Ma il mio pensiero invece va , ritorna sempre là al sole caldo che vorrei , che qui non verrà mai” dei Dik Dik: sapeva di Los Angeles, di San Francisco, di quei miti metropolitani che coltivavo il pomeriggio dopo avere studiato. Sapeva di autostrade - anzi di highways - e di deserti, di grandi parchi e di sequoie.

Fu così che mi innamorai degli Eagles, di quel loro rock che virava nel country, davanti ad un falò lungo il mare, mentre cadeva la sera e il vento soffiava verso la costa nuvole che sembravano fatte di cotone.

 

Falò

FOTOGRAFIA © SHUTTERSTOCK

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