sabato 19 marzo 2016

Ritorno a Lignano Pineta

 

Sono tornato a Lignano Pineta, una fugace sosta di un’ora in attesa di raggiungere l’hotel prenotato a Sabbiadoro, pernottarvi e quindi ripartire per Trieste. Di certo qualche forza avrà guidato i nostri passi fino là, perché avremmo potuto sostare prima, in autostrada o sulla tre corsie che corre da Latisana a Lignano. E poi quel senso unico istituito da poco, quel fermarsi per vedere che strada prendere. Sceso per primo, ho faticato a comprendere che - proprio come Colombo - io toccavo terra, quasi per caso raggiungevo la mia India personale: quel punto. Era dove scambiammo il primo “Ciao” ed è proprio da lì che nacque tutto.

C’era un alone di magia. Non so se fossero le strade assolate, il rigoglio di maggio, la luce del primo pomeriggio. O l’aria così pulita, dove si avvertiva l’aroma della resina e un vago sentore di mare. C’era persino uno scoiattolo che si aggirava nel giardino di una seconda casa non ancora abitata.

Ho condotto Enrico, Mario e Paolo alla passeggiata a mare, ho raccontato la storia spiegando il tempo perduto, parlando di Anna. Li ho usati come un puntello per sostenere i miei ricordi. È stato piacevole guardare il mare e la spiaggia dall’alto, esporsi al sole e alla brezza.

Poi siamo entrati per un caffè all’Hotel ***: è stato completamente rinnovato, è mutata la gestione, ci sono volti nuovi e sconosciuti alla reception. Il bar ha ora un pavimento a scacchi bianchi e neri e un piano vi campeggia per le serate musicali. Ho visto anche la saletta dove guardavamo le partite dei mondiali di Spagna alla televisione.

Da lì siamo risaliti fino all’enoteca “La Pigna”: Fragolino non ne possono più vendere, abbiamo bevuto del Tocai e di nuovo siamo tornati sui nostri passi, fino quasi al centro, al “treno” di negozi.

Camminavo per le strade di Pineta, riasfaltate e con nuovi marciapiedi con un senso vietato a metà di Raggio delle Capelonghe che allora non c’era. Camminavo sull’Arco della Luna e cantavo “Era d’estate, tanto tempo fa…”, cantavo “Es un sentimento nuevo che mi tiene alta la vita” e rivedevo quella corsa in tandem nella sera, Anna che cantava a squarciagola dietro me “Il senso del possesso che fu prealessandrino…”

“È la mia adolescenza che mi insegue in questa strada, come un fantasma” ho detto agli amici che erano con me. Mario ha chiesto “Perché non ci torni quest’estate?”. Già, perché non ci torno?

All’Arco del Libeccio, appena dietro l’Hotel ***, ho ritrovato il “Noleggio bici” dove prendemmo il tandem, dove affittavamo il risciò. “Occhio però che se passa qualche minuto ci fa pagare tutta l’ora, io lo conosco…” Quel tizio era lì, Anna no… Ho compreso allora che la mia è più che nostalgia: è una sorta di “saudade” per il passato.

 

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