Adesso lei cammina per le vie luminose della sua città amata dai poeti, rasenta i moli, le rive, sale per le stradine antiche con il suo vestitino estivo a fiori e la borsa portata a tracolla. Bella come allora, bella come sempre. Ma non porta con sé il mio ricordo in quelle strade dove ai profumi che vengono dalle antiche osterie si mescola l’odore del mare.
Perché il mio ricordo in lei è sbiadito ormai come una stampa lasciata al sole per tanti anni: se mi penserà, sarà solo per caso, per pochi istanti, un’immagine passeggera che sale dalle nebbie del passato e in esse ancora sprofonda senza manifestarsi appieno. Il vento che soffia sovrano in quella città almeno se lo portasse via: sarebbe più facile sapere reciso anche l’ultimo filo. È vero che il tempo è un farmaco, nel senso greco del termine: è il mio veleno, è la mia medicina. Sì, risana la ferita, la rimargina, ma poi con un coltello la tortura. Il pozzo non ha fondo e vi precipito, ne perdo l’orizzonte, è un labirinto...
Il vento porta via ogni cosa, trascina foglie secche e vecchie carte, cancella dalla sabbia ogni impronta, figuriamoci che cosa fanno gli anni: i ricordi svaniscono, si perdono nel cupo silenzio della memoria: non resta neanche il frullo dei gabbiani che lasciano le bitte per il mare. Così adesso lei cammina per le vie luminose della sua città amata dai poeti, rasenta i moli, le rive, sale per le stradine antiche con il suo vestitino estivo a fiori e la borsa portata a tracolla. Recita a bocca chiusa i versi amati, li mormora come una preghiera. E non ricorda più quella sera in cui dal balcone di luce e di sale guardavamo passare le navi lontane respirandoci. Fu quella sera che le dissi : “Un giorno tu mi dimenticherai”.
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