sabato 25 marzo 2017

Il furto della Gioconda

 

La notte tra domenica 20 e lunedì 21 agosto 1911, il dipinto più famoso del mondo, la Gioconda di Leonardo da Vinci  venne rubato dal Louvre di Parigi. Il furto del secolo. A prelevare il pannello di pioppo di 77 cm x 53 e a nasconderlo sotto il cappotto prima di eclissarsi nella notte parigina fu tale Vincenzo Peruggia, un decoratore e imbianchino italiano emigrato in Francia dalla provincia di Varese. Secondo alcune fonti, si era nascosto in un armadio per le scope durante l’orario di apertura ed era poi sgattaiolato fuori; secondo altre si presentò alle 7 del mattino vestito con l’uniforme bianca degli inservienti del museo, che il 21 era chiuso. Comunque sia, il compito gli fu facilitato dall’aver lavorato alla messa in opera della teca che custodiva il dipinto, posto allora nel Salon Carré, e dall’aver conosciuto in tal modo le abitudini delle guardie: uscì mentre una di esse era andata a farsi riempire un secchio d’acqua e se ne andò in taxi. Il mattino del 22 agosto il pittore Louis Béroud si presentò presto al Louvre per eseguire uno schizzo preparatorio per l’opera che intendeva dipingere, Mona Lisa au Louvre, e trovò il muro vuoto. Chiese allora ai guardiani, che gli dissero che forse era nell’atelier fotografico. Non c’era…

Iniziarono immediatamente le indagini della polizia parigina. Prima di arrivare a Vincenzo Peruggia, molti furono i sospettati: persino il poeta Guillaume Apollinaire, che fu arrestato e passò qualche giorno in prigione, e Pablo Picasso, tirato in ballo da Apollinaire, che venne a lungo interrogato dalla Gendarmerie: i due avevano manifestato l’intenzione di svuotare i musei distruggendo le opere in essi esposti per sostituirle con le proprie. Era una boutade da artisti megalomani, nulla più. E ancora le autorità francesi seguirono un’altra pista; pensarono anche che si trattasse di un affronto dei boches, gli odiatissimi tedeschi. Non era vero, naturalmente. Il Louvre rimase chiuso per un’intera settimana per agevolare le indagini: quando riapri, al posto dell’illustre Monna Lisa era appeso un ritratto eseguito da Raffaello Sanzio, quello del letterato Baldassarre Castiglione..

La polizia parigina finalmente bussò anche alla porta di Vincenzo Peruggia: la Gioconda era nascosta sotto il letto, ma nessuno pensò di perquisire l’appartamento, si accontentarono dell’alibi – naturalmente falso – fornito dall’imbianchino. Rimase lì per quasi due anni, fino a quando Peruggia si trasferì a Firenze. E lì il ladro divenne impaziente, contattò il proprietario di una galleria d’arte, Adolfo Geri, e gli disse che voleva restituire il dipinto alla sua patria, l’Italia. Si diceva un convinto patriota e pensava che un’opera di tal fatta dovesse essere esposta in un museo italiano. Ma un fatale errore era alla base delle sue convinzioni: la Gioconda fu dipinta in Francia e non, come credeva lui e come credono tuttora molti italiani, sottratta a un museo durante le spoliazioni effettuate dalle truppe di Napoleone. Geri mise in contatto Peruggia con il direttore degli Uffizi, Giovanni Poggi. L’incontro avvenne all’Hotel Tripoli, in Via de’ Cerretani: Peruggia chiese 500.000 lire per le spese sostenute, Poggi chiese invece di poter autenticare l’opera. Nel frattempo, l’imbianchino andò a spasso per Firenze: fu lì che la polizia, allertata da Geri e Poggi, lo arrestò.

Il processo non andò poi tanto male per Vincenzo Peruggia: lo dichiararono “mentalmente minorato” e fu condannato a una pena di un anno e quindici giorni di prigione, poi ridotta di cinque mesi. Ma attirò le simpatie di molti, che vedevano nel suo furto un gesto romantico: lui stesso alimentò quell’immagine dichiarando di aver trascorso due anni meravigliosi guardando la Gioconda appesa sopra il tavolo della cucina.

Il dipinto invece cominciò il suo pellegrinaggio per tornare al Louvre: rimase esposto agli Uffizi, poi a Roma, a Palazzo Farnese, ambasciata di Francia, e alla Galleria Borghese in occasione del Natale 1913. Poi fu messo su un treno e inviato a Modane, dove le autorità francesi ne ripresero possesso. Fece tappa a Bordeaux e a Tolosa; il presidente della Repubblica in persona, insieme ai rappresentanti del governo, lo accolse nel Salon Carrè: Monna Lisa era finalmente tornata a casa.

 

Mona_Lisa_stolen-1911 (1)

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FOTOGRAFIE © MUSEO DEL LOUVRE

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