È il tramonto ormai. Siedo al belvedere del santuario, a questo tavolo di pietra inciso dalle piogge e guardo la strada scorrere laggiù, le automobili e i camion che si susseguono sulla fettuccia d’asfalto tra le case. Quello infatti pare essere da quassù. Più lontano si adagiano i monti, come grigi sauri preistorici che bruchino nel pianoro verde di colline: la Grigna innalza il suo dente aguzzo, il Resegone ha ancora un po’ di neve, Valcava è uno spelacchiato altipiano dove spiccano i ripetitori delle televisioni. Là, da qualche parte c’è il lago con le sue acque azzurre, qui serpeggia l’Adda, invisibile tra i boschi: se ne può intuire il corso dallo spazio vuoto tra le piante. La mia vista è sul nord-ovest: il sole sta scendendo dall’altro lato, oltre la collina, non lo posso vedere, ma ne scorgo i riflessi sulle creste del Resegone, sui vetri di qualche casa che fanno la gibigiana, sulle facciate giù nella vallata.
C’è pace e tranquillità, il tempo sembra immobile, e invece le campane lo scandiscono ogni quarto d’ora. Dai miei pensieri mi distoglie una foglia staccatasi dai rami ancora nudi del platano: è caduta planando sul tavolo di pietra con un rumore secco, di carta. L’azzurro della sera è sembrato dileguare in quel momento, ma forse non è che un altro minimo abbassarsi del sole al tramonto. È bastato per ritornare a pensare allo scorrere dei giorni: ho risentito la voce di Paola dire “Come il vento, scorre come il vento il tempo” mentre dal pugno lasciava scendere un filo di sabbia. Tanti anni fa. Una vita fa.
Una ragazza risale leggera la lunga scalinata che dalla strada porta al Santuario: ogni gradino un’Ave Maria. Chissà per che cosa prega, chissà quali tormenti avrà. I suoi passi cadenzano il mio cuore, salgo con lei rimanendo qui seduto. E invece vorrei volare libero, lassù, nel cielo dove i gabbiani risalgono con eleganza verso il lago dopo aver banchettato a qualche discarica. Si librano, si lasciano portare dalle correnti.
La ragazza ha concluso il suo percorso, ora probabilmente è nella cappella del miracolo, accenderà una candela. Un anziano prete esce dalla chiesa, si avvia verso le stanze dei religiosi. Non c’è che il silenzio: prende vita dal crepuscolo e disegna la tranquillità in questo mio eremo dove salgo ogni tanto per sentirmi in armonia. Mi alzo, prendo delicatamente la foglia dal tavolo e la abbandono al vento, che la porti a disciogliersi nel fiume.
2011
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