sabato 7 luglio 2012

Campioni del mondo!

 

Sono trascorsi trent’anni! È da questo che uno capisce di essere invecchiato, di avere ormai lasciato alle spalle la gioventù. Trent’anni da quel delirio collettivo dell’11 luglio 1982, la notte in cui Nando Martellini commosse fino alle lacrime milioni e milioni di italiani radunati davanti ai televisori quando pronunciò con enfasi il triplice “Campioni del mondo! Campioni del mondo! Campioni del mondo!”. L’Italia che era uscita distrutta da quasi tutte le competizioni calcistiche del dopoguerra – salvo l’Europeo vinto in casa nel 1968 - tornava sul tetto del mondo 44 anni dopo il secondo trionfo della squadra di Pozzo. Subito dopo il fischio finale cominciò la festa per le strade con uno sventolio di tricolori come non s’era mai visto e tuffi nelle fontane.

Tutto era cominciato in realtà quattro anni prima, quando Enzo Bearzot, il ct, costruì una squadra capace di battere l’Argentina a casa sua ed arrivare quarta dopo aver perso la semifinale con l’Olanda per un paio di tiri da oltre 30 metri. L’ossatura c’era, Bearzot ci innestò giovani di belle speranze come il ventunenne Antonio Cabrini e il diciannovenne Beppe Bergomi, e quel Paolo Rossi che aveva scontato una lunga squalifica per il primo calcioscommesse del 1980. La nazionale italiana passò il girone eliminatorio con affanno, tre pareggi e molta fortuna, grazie a un solo gol segnato in più del Camerun. Ci toccò il girone impossibile con l’Argentina di Maradona e il Brasile di Zico. Il contropiede, le marcature rigide e lo stellone ci consentirono di abbattere 2-1 i gauchos e 3-2 i carioca. In quella partita meravigliosa in cui il Brasile, cui bastava il pareggio, tentò comunque di vincere secondo suo costume e poi perse, si sbloccò Paolo Rossi, che siglò tutti e tre i gol italiani. Altri due li infilò alla Polonia in semifinale e un altro alla Germania in finale, dopo che Cabrini aveva fallito un rigore e prima delle reti di Marco Tardelli – il celebre “urlo” quasi alla Munch  – e Alessandro Altobelli. Il gol di Altobelli tra l’altro consentì al presidente Pertini, che era allo stadio Santiago Bernabeu di Madrid, di dire a re Juan Carlos che era seduto accanto a lui “Non ci prendono più!” con un gesto della mano tipicamente italiano. Era la squadra del compianto libero Gaetano Scirea, del mastino Claudio Gentile, del mediano Gabriele Oriali, di Fulvio Collovati e Giancarlo Antognoni, di Ciccio Graziani, del motorino Bruno Conti.

Dino Zoff, il portiere e capitano, sollevò la Coppa del Mondo al cielo di Madrid e quell’immagine divenne il francobollo disegnato da Renato Guttuso, celebrativo della vittoria, dell’enorme emozione che era stata regalata agli italiani, che venivano dagli anni di piombo e avevano un’inflazione galoppante a due cifre. Stava per aprirsi la stagione della Milano da bere, dell’edonismo reaganiano, dell’illusione di Wall Street, delle giacche colorate. Quello è il Mondiale che sento mio, quello vissuto da ragazzo innamorato, quello che trent’anni fa sotto una luna fantastica in una notte di grilli celebrai per le strade con la mia bandiera tricolore e i miei diciott’anni. Da un televisore arrivava la voce di Giuni Russo che cantava Un’estate al mare. Com’era bella la luna nelle fontane! Com’era bella la vita!

 

Italia_1982_bolle

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