In ufficio non c'era nessuno, il sole entrava caldo dalle finestre senza tendine della sala d'aspetto e disegnava le ombre sul pavimento di palladiana. "Però è bello il sabato pomeriggio" pensò Paolo chiudendo con il chiavistello la porta dietro di sé, "si può venire qui indisturbati e fare tutto quello che si vuole". Aspettando che Danilo passasse a prenderlo, Paolo iniziò a risolvere i giochi della Settimana Enigmistica che aveva comperato la mattina. Era il suo hobby: sapeva risolvere quasi tutti i giochi, anche quelli difficili, e suscitava ammirazione in tanta gente questa sua abilità, frutto di una buona intelligenza, certo, ma anche di anni di cultura classica e di un costante aggiornamento.
Intanto nella strada gli autobus si susseguivano sbuffanti e frotte di ragazzi raggiungevano il centro. Paolo notò una ragazza carina: aveva i capelli biondi e ondulati e un grazioso ansino all'insù, indossava dei jeans molto aderenti che le mettevano in risalto le forme. Dopo qualche minuto un autobus se la portò via verso i divertimenti del centro.
Proprio in quel momento suonò il campanello: era Danilo, il collega con cui Paolo doveva uscire. Danilo entrò nell'ufficio e prelevò qualche cosa che aveva dimenticato nel cassetto della sua scrivania. I due ragazzi uscirono e Paolo chiuse con attenzione la porta dell'ufficio, poi salì in macchina.
L'Alfetta 2000 di Danilo era sempre pulita e tenuta con cura, Paolo spesso elogiava questo comportamento dell'amico, lui che invece non dedicava molto tempo alla sua auto e che non si intendeva molto né dei motori né delle ultime novità. Danilo invece sapeva citare qualsiasi dato delle auto sul mercato: prezzo, cilindrata, consumi, se avessero la trazione anteriore o posteriore, numero dei cavalli-vapore e così via.
"Dove andiamo?" chiese Danilo. "Potremmo andare in collina: è così interessante in autunno" propose Paolo. Attraversato il centro, svoltarono per la collina: subito la strada cominciò a salire. Nella vallata potevano scorgere tutta la città come se fosse una piantina tridimensionale: c'erano i campanili, le chiese, gli ampi caseggiati gialli delle caserme, l'ippodromo, la seggiovia e soprattutto il fiume che rimandava riflessi argentei verso il cielo
"Parcheggia lì" disse Paolo. Era un bersò di vite del Canadà che ospitava altre automobili davanti a un albergo. "Di qui in pochi minuti arriviamo in cima" spiegò Paolo all'amico, che gli era parso un po' perplesso. In breve immensi campi di mele e vigneti apparvero ai bordi della strada. I due ragazzi colsero qualche mela verde e grappoli d'uva nera e lucente.
Lavarono la frutta a una fontana in cui scorreva un'acqua fresca e limpida e strada facendo la mangiarono lodandone la bontà e la genuinità. Nei vigneti più a monte un gruppo di contadini stava vendemmiando, molti turisti stranieri rientravano dalla passeggiata recando maglioni e borse in mano e ticchettando l'asfalto con il bastone da montagna.
"Guarda che spettacolo" disse Danilo e indicava con la mano il sole che tramontava dietro di loro incendiando i monti. Rimasero a lungo ad osservare la scena poi decisero di rituffarsi nel caos del centro prima di andare a cena. In un quarto d'ora furono di nuovo in città ma non trovavano un posto per parcheggiare. Finalmente Paolo indicò a Danilo uno spazio vuoto davanti ai telefoni pubblici. Erano stati fortunati perché avevano trovato un parcheggio in una zona molto vicina al centro.
I due amici passeggiarono un po' sul lungofiume discorrendo di gente che conoscevano e delle ragazze che passavano. "A me piacciono quelle due del negozio di abbigliamento, sai, le due bionde che sono quasi sempre in minigonna: hanno delle belle gambe, vero?" disse Danilo. Paolo annuì. "Però a me non interessa molto che siano proprio belle" replicò dopo un attimo "insomma, vorrei che avessero altre doti: che fossero sincere, fedeli; casomai preferirei che fossero belle dentro, se poi sono belle anche fuori... tanto meglio". Danilo ribatté "Però se viene una bella bionda che ti dice che ti ama alla follia e ti si offre, tu non stai certo lì a guardare com'è fatta dentro..." Paolo ammiccò con quel suo fare un po’ sornione che aveva quando riusciva a sopraffare la sua innata timidezza.
Entrarono in una pasticceria e in attesa dell'ora di cena mangiarono una fetta di torta di mirtilli continuando a discorrere. Intanto era calata la sera e si erano accese le luci della fontana proprio davanti alla pasticceria. Alle sette e un quarto Paolo e Danilo uscirono e si diressero verso i portici. Già da qualche giorno avevano deciso che sarebbero andati a cenare da "Rainer", un ristorante che si trovava proprio alla metà dei portici. Entrarono nel ristorante e si sedettero a un tavolino di fronte al bancone del bar. Il locale aveva i muri rivestiti in legno molto chiaro e molti trofei appesi alle pareti; le tovaglie erano a quadretti bianchi e rossi.
Una cameriera portò una candela e il cestino del pane. I due ragazzi cominciarono a sbocconcellare il pane nero con i semi di comino e poi ordinarono del vino rosso. Portando il vino la ragazza chiese che cosa desiderassero per cena. Era sui vent'anni, molto attraente, coi capelli bruni raccolti a coda e un sorriso disarmante. Paolo ordinò dei ravioli e del gulasch, Danilo, come sempre, gli spaghetti al ragù e la cotoletta. Paolo non riusciva a capire in Danilo quella mancanza di curiosità per qualche cosa di diverso, fossero i cibi o le usanze o altro ancora. Eppure tutte le novità automobilistiche lo incuriosivano - pensava Paolo - anzi, sapeva già tutto molti mesi prima che fossero immesse sul mercato.
Quando uscirono l'ultimo autobus aveva appena lasciato la fermata e scendeva verso la città bassa; le stelle ammantavano il cielo come brillanti stesi su un panno scuro, l'aria era diventata frizzante. "In questi momenti" disse Paolo "mi sembra di vivere nella Parigi degli Anni Venti, di essere parte di quel mondo di artisti e bohemiens: Hemingway, Picasso, Modigliani, Fitzgerald..."
1990
MERANO, I PORTICI DI SERA – ELABORAZIONE GRAFICA © DANIELE RIVA