Il mare di Bari quel giorno era azzurro, percorso da piccole onde guizzanti come pesci. C’era odore di salmastro, il sapore delle cozze che avevamo mangiato la sera prima al ristorante “Tre trulli” di Ceglie Messapico, nelle Murge.
Al largo qualche barca con un pescatore intento a scrutare l’acqua, più in là il campanile della chiesa di San Nicola. Sul Lungomare di Crollalanza i pescatori toglievano i polipi dai secchi e li battevano a lungo sugli scogli per renderli morbidi, li vendevano e ne offrivano pezzettini da assaggiare crudi. Sono ottimi cotti nell’aceto: se l’aceto è rosso restano rosati, scuri. Sono pronti quando con una forchetta si sente il morbido nella zona della bocca.
Il sole cominciava a scottare: la mattina di maggio era limpida e serena dopo giorni di tempo incerto. Il giorno prima, invece, il mare era agitato: l’avevamo visto minaccioso e fragoroso buttarsi sulle rovine piene di immondizia a Egnazia; soffiava un forte vento e incombeva un temporale che rendeva cupo il cielo sopra la campagna e i ruderi in essa rimasti, ben tenuti, a differenza di quelli sul mare, appena al di là della strada. In mattinata avevamo visitato Locorotondo vagando fino a perderci nelle stradette bianche e pulite colorate dal rosso dei gerani. Lì ci sorprese il calore del Sud, l’ospitalità della gente che ci salutava per strada. A Locorotondo comprammo il vino locale, bianco e profumato. Per mezzogiorno fummo ad Alberobello, dove visitammo il Rione dei Trulli e acquistammo prodotti tipici e troccoli per fare la pasta in casa.
Ora finalmente splendeva il sole e Bari si ergeva davanti a noi, maestosa come una regina del Mediterraneo.
20 maggio 1993
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