Lame di fuoco nel mattino, l'alba stagnante sulle colline ad oriente, l'aria fresca entra dal finestrino a ricordare la velocità, il serpente grigio dell'autostrada, i Tir sonnacchiosi...
Venezia con i suoi ori, maliarda ed equivoca come la definì Thomas Mann, San Marco. Ho un appuntamento con Ursula e sono in ritardo. Eccola: bionda, magra, attraente, elegante. Sono le venti ormai, andiamo a cena in un ristorante di Salizzada San Lio e poi via per le calli, ammaliati dal fascino grave di questa città, un po' sperduti un po' eccitati.
«Buona notte, Leonardo»
«Buona notte, Ursula»
La mattina entra dai vetri, il sole limpido dell'estate mi sveglia. Oggi ho da fotografare dei dipinti alla Scuola di San Rocco per un libro d'arte. È meglio che mi sbrighi, altrimenti il lavoro si accumula. Vaporetto, scie d'oro di motoscafi. San Tomà, Campo San Rocco. Presento l'autorizzazione poi regolo l'illuminazione. "Mosè fa scaturire l’acqua dalla roccia” e la “Crocifissione” del Tintoretto, "Cristo portacroce" di Tiziano : dodici pose ciascuno e il lavoro è finito.
Una luce davanti agli occhi, irresistibile. Mi costringe a guardare, mi strappa dalla sala. Le palpebre sbattono, gli occhi si aprono. Una voce cavernosa, con accento meridionale, dice: «Si sta riprendendo». Immagini sbiadite e sfuocate entrano nella mia mente come fotografie sovraesposte. Poi distinguo una donna, china su di me. Sussurra tra le lacrime «Roberto». Vicino a lei una ragazza, lo sguardo assorto, uomini in camice bianco... sono medici, lo capisco quando mi accorgo di avere un tubo infilato nel naso e un altro nel braccio. Sguardi ansiosi delle due donne su di me. È una camera d'ospedale. Sono in una camera d'ospedale. In un letto d'ospedale. Ma perché? Che cosa mi è successo? Stavo fotografando dipinti manieristi a San Rocco, poi non ricordo altro. Che sia caduto per le scale? Ma dove sono? In che ospedale? Provo a parlare, ma il tubo in gola me lo impedisce. Mi porgono una lavagnetta bianca e un pennarello. Scrivo: Dove sono? La donna risponde: «In ospedale». Questo l'avevo intuito. Scrivo ancora: Quale? È ancora la donna, sui cinquant'anni, bella nonostante la tensione: «Quello di Reggio Emilia».Reggio Emilia... Scrivo: Cosa ci faccio a Reggio Emilia? «Ma non ricordi, Roberto?» Mi ha chiamato Roberto... Scrivo: Ma io sono Leonardo. Sguardi attoniti, stupiti, interrogativi. Le due donne guardano il dottore. Non ci capisco più niente. Finalmente il medico mi fa togliere il tubo... «Ora espiri». Tossisco.
Ero a Venezia. Ora sono a Reggio Emilia. Fotografavo dipinti, ora sono in un letto d'ospedale. Mi chiamo Leonardo e qui tutti mi chiamano Roberto, anche l'infermiera. Il medico con la voce cavernosa sta parlando con le donne: «L'incidente, il coma, devono avere provocato un'amnesia forse solo temporale, conseguente al trauma. L'incidente. Ora riesco a parlare: «Quale incidente» chiedo con una voce arrochita che riconosco però subito come mia. «L'incidente... Il Tir, non ricordi, Roberto?»: a parlare è la ragazza, ha un viso familiare, noto che ha una mano fasciata e un vistoso cerotto dietro l'orecchio.
Il Tir... ora un ricordo come un flash mi attraversa la mente. Il Tir bulgaro davanti a noi, le luci rosse improvvise degli stop, bagliori di fiamma, azzurri lividi, rossi cremisi a macchie, schianti di tuoni, sterza, sterza, gira il volante e quel nome che ho gridato, il nome della mia ragazza che dormiva sul sedile di fianco... Andavamo a Roma, ho gridato per svegliarla, ho gridato «Anna!»
«Anna!»
«Roberto!»
Ci abbracciamo. Temevo di perderla nello schianto. Si alza, mi mostra un foglio di giornale, il Resto del Carlino di lunedì 12 agosto 1985. Il titolo dice: Auto contro Tir sulla A1: due feriti, uno grave. Leggo avidamente l'articoletto: "All'improvviso il Tir ha rallentato e ha frenato bruscamente per evitare una Volkswagen Golf che aveva tamponato leggermente un furgoncino. La Mercedes guidata da Roberto Guidotti, 28 anni, da Milano, ha urtato violentemente l'autotreno bulgaro. Il Guidotti è stato ricoverato all'ospedale cittadino ed è in coma farmacologico. La ragazza che viaggiava con lui, Anna Bessi, 24 anni, da Bergamo, è rimasta ferita solo lievemente e i medici l'hanno dichiarata guaribile in dieci giorni".
Riordino i pensieri, poi dico: «Dunque è stato così, mamma?»
«Sì, Roberto», e piangendo di gioia mi stringe in un abbraccio.
E Ursula? Solo un falso ricordo, una confabulation… Solo un sogno farmacologico...
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