sabato 21 settembre 2013

Due fotografie

 

La tua camera è una scenografia da film, da opera teatrale, con il grande letto d’ottone e il piumone a piccoli fiori chiari su uno sfondo pastello. È inverno adesso. D’estate il disegno della copertina non varia poi molto, forse un po’ più vivi i colori. È una camera formale, come formali sono rimasti i rapporti tra noi, divisi dopo i chiarimenti, ma con una sorta di diplomazia che, se ci ha tolto i tormenti, in compenso ci ha donato la serenità di chi dimentica. E formale sei anche tu, con i tuoi atteggiamenti posati, mai sopra le righe, mai sotto, con i tuoi riti e le tue piccole liturgie, con l’estroversa affabilità che così bene si compenetrava con la mia introversa scontrosità.

In una foto di tanto tempo fa noi ci baciamo sotto un acquazzone e, qualche ora dopo, la bufera scoppiò improvvisa come una congiura: ad essere assassinato fu il nostro amore, sopraffatto, ucciso, gettato giù da un ponte e poi dimenticato.

Ma noi siamo ancora qua che ci baciamo nel 15x10 di una stampa Kodak con i colori resi bianco e nero dalla pioggia che ci sorprese un pomeriggio e siamo gli attori di quella storia che si sviluppò più tardi.

Siamo un po’ stranieri adesso, senza la passione, con altre storie e altre persone alle spalle e a fianco, danziamo nei ricordi e beviamo coppe d’amaro veleno rivangando un giuramento che suona un po’ meschino visto che la promessa non si è mantenuta e qualcuno potrebbe anche esclamare “Io l’avevo detto!”. Ma no, noi non cerchiamo di addossare colpe, lasciamo che la verità scopra da sola il suo corpo sinuoso e se turberà qualcuno, pazienza. È troppo tardi adesso per pentirsi, certo che la maturità servirebbe in gioventù e invece è proprio allora che sbagliamo.

Non lo confesserai mai, ne sono certo, ma i tuoi lamenti non erano che una copertura della fragilità che inconsciamente forse porti dentro, la roccia ti è all’esterno e nessuno ti sospetta fragile dentro se non chi ha amato tanto quel tuo modo d’essere. Sì, certo ne vai fiera e chissà che altro ancora, vanità femminile... Io invece ho sempre l’aria di chi resta senza benzina, in piedi accanto a un’auto inservibile.

Ma tu dimmi perché ci sono ancora io in quella cornice tra le tue creme e le tue matite, tra i rossetti e le boccette di profumo. Sono lì che suono il pianoforte aggrappato ai tasti, bianco e nero anch’io come l’avorio e l’ebano e tutti i giorni tu ascolti quella melodia che suona lontana e ti dice che era troppo bello tutto e poi ci fu l’addio. Allora è proprio vero che l’amore è un mistero e che non ne conosciamo proprio nulla: “L’amore è tutto e tutto ciò che noi sappiamo dell’amore”.

30 novembre 1995

 

Petite Pianiste, robe bleue

HENRI MATISSE, “PETITE PIANISTE, ROBE BLEUE”

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