sabato 7 settembre 2013

Leggendo Pessoa

 

Leggo Pessoa, “Il libro dell’inquietudine”. Una pagina al giorno, senza esagerare, qualche volta anche solo uno dei capitoletti che compongono l'opera. Lo centellino, come una bottiglia di porto posata su un tavolino di quei bar all’aperto che il poeta portoghese frequentava a Lisbona. Come una Bibbia da consultare soltanto per un versetto, come una filosofia portatile, un testo da cui trarre una divinazione.

Così oggi mi capita di soffermarmi su questa affermazione: “Un amore è un istinto sessuale, però non amiamo con l'istinto sessuale, ma con la presupposizione di un altro sentimento. E questa presupposizione è, di fatto, un altro sentimento”. E di conseguenza resto a riflettere sulla mia situazione contingente, sul momento che sto vivendo, sui rapporti che intercorrono tra me e P.

Analizzo questo sentimento che provo. Non ha la stigma dell'amore, o almeno non ancora. È un territorio inesplorato dove picchiare paletti, dove ipotizzare costruzioni: come quelle aree fabbricabili piene di sterpi e di erbe secche che si muovono al vento - l'architetto vi sogna già palazzi, strade, alberi, vede già persone che vivono in quelle case, in quei giardini che esistono solo nella sua mente, nella sua fantasia. Ecco, così è questo sentimento: vive del fascino del possibile, come in un sogno.

E intanto sono, così, semplicemente, languidamente. Lascio scorrere la vita come un fiume placido, in questa tranquilla domenica di fine estate, senza preoccupazioni, senza patemi. Mi lascio anche andare ad una fantasia amorosa, ma come un brivido di febbre che invada il corpo. E penso a lungo a qualche posto dove sarebbe bello andare per una passeggiata pomeridiana sapendo che poi non andrò da nessuna parte.

 

Almada_Negreiros,_Retrato_de_Fernando_Pessoa,_1964

ALMADA NEGREIROS, “RITRATTO DI FERNANDO PESSOA”

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