sabato 28 settembre 2013

Una coppia

 

La fenditura delle labbra dipinte d’un rossetto color terra è la bocca di una grotta per ripararsi dalla pioggia, lui vi entra e la sente tutta sua, stringendola a sé diventa suo anche il seno, un imbarazzo morbido che permea la sua carne, che si fa la sua carne e uomo e donna adesso sono una creatura che non ha sesso e che li ha entrambi.

Nel portone buio filtra un raggio di lattea luce proveniente da un lampione, i fiati sono evidenti, promanano da corpi accaldati. Non piove più, sottobraccio lui la stringe ancora mentre vanno via e si appartengono.

Lei gli sta raccontando che vorrebbe tanto abitare in una casa tra i monti, quelle di legno con le finestre delle ante dipinte a strisce bianche e rosse, con i canali di rame e i fermaneve tra i coppi d’ardesia, con cascate di gerani ai davanzali, con un camino e, in giardino, una catasta di legna ed un pozzo, oppure una fontanella. Gli sta disegnando la vita che trascorrerebbero lì: avrebbero un gatto, forse un cane - un pastore tedesco o un dalmata, lui a spaccare la legna quando occorre, la staccionata potrebbe dipingerla lei, magari mentre lui d’estate, seduto in veranda, scrive il suo nuovo romanzo. E poi lei certamente si metterebbe a dipingere: i ghiacciai, le vette, coprirebbe le tele con il verde dei pini, con i rossi e i gialli dei tramonti. «Chiudi gli occhi» gli dice «prova a immaginare solo un istante».

Lui tace. Pensa che lei sia come il vento, che cambi l’umore come il tempo e le stagioni, che il suo amore sia come una foglia sul ramo e forse presto si staccherà, sicuramente si staccherà il giorno in cui lui finalmente non sarà più stregato dalla sua bellezza. Il suo cuore ha cadenze strane, fasi lunari, gli viene da pensare: chissà se sono così tutte le donne? Un giorno giura di amarlo alla follia, fa progetti di vita in posti lontani, lo copre di baci e di carezze, lo invita all’amore; un altro è fredda e distante come una stella, giunge quasi ad insultarlo; il giorno seguente è zucchero e miele, si emoziona per la luna o per un tramonto.

Crede di conoscerla ma in effetti - quasi rabbrividisce al pensiero - non conosce che il suo corpo, quel corpo che genera calore nel cappotto, che sente al suo fianco destro, avvinghiato come un animale marino allo scoglio o al pilone di un pontile. Conosce bene il suo copro: potrebbe farne una mappa dettagliata: le colline gemelle dei seni, l’avvallamento del grembo, il fiore esotico del sesso, le gambe da ballerina. Ma il resto, quanto al resto ci vorrebbero migliaia di geografi e anni di lavoro... come adesso che parla di una casa in montagna, un maso magari.

Ora lei sta sorridendo, lo guarda e sorride: sembra che tutta l’anima le sia sul volto, quasi potesse leggergli nei pensieri. Sorride e gli ruba un altro pezzo di cuore con la sua semplicità (o non è che sia invece una delle sue personalità?), sorride e lo strega con i suoi sguardi ingenui (o fintamente ingenui?) eppure così smaliziati. “Mi legge nel cuore” pensa “siamo così uniti eppure così lontani, così uguali e così diversi: sorride delle mie debolezze, delle mie ansie, delle mie malinconie. C’è un muro tra di noi, c’è sempre stato, anche quando i nostri corpi diventano una cosa sola. Non è ipocrisia come talora di e lei riempiendosi la bocca di una parola ad effetto. È che siamo due pianeti su orbite diverse, due navi che percorrono rotte verso porti assai distanti tra loro”.

«Sapessi...» dice lei come un vanto, come un mistero, come un misconosciuto segreto, interrompendo i suoi pensieri. «Sapessi...» ripete e non prosegue: lascia lì quei puntini di sospensione come una vestale il fuoco sacro, li calca fino a farli diventare l’intera frase, sono pause musicali che durano ormai d intere battute. Poi scoppia in un’argentina risata a rivelare il gioco: «Sapessi che voglia ho di avere un bambino! Ci pensavo prima mentre ti raccontavo della casa in montagna: un gatto, un cane e... perché non un bambino?»

Lui tace. La bacia. La saluta e la lascia davanti casa. Lei è entrata, si è spogliata e si guarda allo specchio: ritrovai suoi difetti noti solo a lei, alcuni addirittura solo alla sua immaginazione. Si protende,si sorride, guarda il seno che si gonfia e la curva del ventre. Lo accarezza e dice: «È già dentro quel bambino...»

2 febbraio 1998

 

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JACK VETTRIANO, “DRIFTERS”

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