sabato 19 ottobre 2013

Otto anni dopo


Il lago scivolava via d'un verde turchino dall'aspetto oleoso. I battelli della “Navigarda” attraccavano con puntualità e Giovanni li accompagnava con lo sguardo: da puntini in movimento si accrescevano fino ad essere riconoscibili e dopo l'attracco e la breve sosta in porto rimpicciolivano fino a scomparire all'orizzonte.

Tra la gente scesa dall'ultimo battello Giovanni riconobbe un volto noto ed ebbe un tuffo al cuore: “Anna!” gridò come mosso dall'istinto. Non riusciva a capacitarsi: perché mai aveva gridato a quel modo senza nemmeno pensarci? Anna si avvicinò: non era sola, infatti con lei un'altra ragazza si era staccata dal gruppo che guadagnava l'usci-ta del porto. “Ti avevo lasciata ragazzina e ora sei una giovane donna” disse Giovanni un po' imbarazzato come se il passare del tempo fosse qualche cosa di innaturale. Anna citò Virgilio: “Fugit irreparabile tempus” e dopo un sorriso presentò Valeria, la ragazza che era con lei.

“E ora che fai?” chiese Giovanni, che si sentiva sempre più impacciato, forse anche per la presenza di Valeria. “Lavoro all'albergo con i miei. E tu, cos'hai combinato in tutti questi anni?”. “Ho scritto: articoli, libri, poesie, di tutto“. Voleva aggiungere: “Sono ancora solo” ma la vista della snella Valeria lo inibì. Pensò che Valeria era molto simile all'Anna di quei tempi andati, l'Anna diciottenne che aveva baciato una sera lungo il mare e che la mattina dopo era partita. “Ho fatto anche il militare e sono sempre libero da vincoli” aggiunse senza riuscire a esprimere quel “solo” che gli ronzava nella mente. “Neppure io mi sono sposata” disse Anna guardandolo ancora più a fondo negli occhi.

Il sole tramontava nel lago, accerchiato da nubi che ne diminuivano la luminosità. “Avete fretta? Posso offrirvi qualcosa?” domandò Giovanni e, rassicurato dalle due donne, si diresse con loro al caffè di fronte al porto. Ordinarono tre coppe di gelato. Valeria interloquì: “Così, tu scrivi. Mi piacerebbe moltissimo. Io ogni tanto butto giù qualche poesia, ma trovo difficoltà nell'esprimermi in prosa“. Giovanni iniziò ad elencare le soddisfazioni e le difficoltà della sua professione e si interruppe per l'arrivo del cameriere con i gelati. Continuava a pensare che Valeria, più della stessa Anna, rassomigliava all'adolescente di quella sera in riva al mare.

Anna finì la sua coppa e ruppe gli indugi: “Giovanni, purtroppo ora dobbiamo proprio andare. Sei stato davvero gentile” e ciò detto si alzò per andarsene. Giovanni stentò a riconoscere l'Anna che aveva amato, così socievole, così attaccata ad ogni conoscenza. Come ridestandosi da un sogno, trovò la forza di chiedere: “Dove posso trovarti?”. Allontanandosi, Anna gli gridò il numero di telefono.

(14 maggio 1990)

 

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RICHARD BOYER, “CAFÉ IN ST. REMY”

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