sabato 22 febbraio 2014

Un brivido improvviso

 

Muore il giorno, rovesciando negli occhi secchiate di luce colorata. Pennellate di rosa ad occidente chiazzano la tela già brunita della sera, pennacchi di fumo come un deposito di pittore materico si elevano dalle torri dei monti. Rosse nuvole alte sul tramonto annunciano il sereno proverbiale. E il cielo si fa a sbalzi di rame sulle case vecchie, là dove si apre la campagna, dove i tigli tendono le loro secche dita pronte già coperte dalle gemme nuove. La brezza che scende dal lago suona le campane a vento, passa vociando tra antichi muri, scompiglia i capelli..

Un tempo – avrò avuto diciassette anni – guardavo al tramonto e vi ritrovavo la ragazza che amavo in segreto, ne cercavo le fattezze nella forma delle nuvole, le labbra sottili, l’acconciatura dei capelli, i fianchi flessuosi, il seno piccolo, e la pensavo con la sicumera dell’innamorato che nega e trascende qualsivoglia difetto dell’amata. Del resto, un amore impossibile sorprende la logica, la coglie impreparata, esterrefatta davanti a quello che la ragione nega, inadatta agli slanci del cuore, la confina nel mondo reale, lontano dai sogni. È un territorio dove non ha potere, dove non si sa muovere: le mancano gli agganci alle coordinate sulle quali regola il suo percorso.

Si accende Venere, è una notte solitaria anche questa che nasce tingendosi di viola: ma anni e anni sono passati da allora, la mia vita si è incanalata nel suo cammino, ha avuto incontri ed esperienze, ho visto luoghi e ho amato donne. Eppure questa sera quel pensiero lontano, quella ragazza perduta nelle anse dei ricordi, un brivido improvviso a solcarmi la pelle, a lasciarmi qui a pensare se abbia maggiormente bisogno di amore o di aspirina.

 

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FOTOGRAFIA © SHCA

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