sabato 1 marzo 2014

Costumi di Carnevale

 

Carnevale mi riporta un vago senso di tempo perduto, potrei definirlo "proustiano" (naturalmente, la famosa madeleinette inzuppata nel tè, capace di generare il ricordo).  Erano i giorni  dell'infanzia, gli anni spensierati delle scuole elementari. Ricordo i costumi che indossai nei giovedì grassi di quegli anni, felici come sanno esserlo solo i giorni del ricordo.

Il primo fu un costume di Arlecchino confezionatomi con grande maestria da mia madre utilizzando ritagli di stoffe avanzate nella lavorazione del nostro maglificio (credo fosse rayon o un tessuto simile acrilico, molto usato sul principio dei Settanta). Avevo anche un cappellino bianco da marinaretto, cui tenevo molto.

Il secondo costume me lo comprò papà: un avveniristico completo da astronauta con tanto di casco, il tutto realizzato in una sorta di plastica. Era invidiatissimo dai miei compagni e questo mi dispiaceva un po'.

Infine ci fu un classico completo da Robin Hood, negli anni un po' più "maturi": calzamaglia gialla, casacca sfrangiata e berrettino verde - premonizione di quando sarei diventato alpino, molti anni più tardi. Avevo un arco con frecce a ventosa che poi sostituii con rami di arbusti tagliati in giardino (avevo cercato a lungo quelli più dritti). Già allora però sognavo di usare un'altra arma: la penna. A quel periodo risale la mia prima poesia, dedicata alla Valle d'Aosta. Avevo in mente un'opera composta  da venti poesie: una per ogni regione.

Alle medie non si andava in maschera, la mia memoria riporta immagini di martelli di piuma e clave di plastica vuota con cui ci battevamo durante la ricreazione. Qualche teppista in erba le riempiva di sabbia - lasciavano certi lividi! Ma l’ingenuità dei costumi era ormai svanita: poi venne il periodo in cui a Carnevale si andava per strada a lanciare farina e a imbrattare con la schiuma da barba. Una barbarie che odiavo e da cui mi tenevo accuratamente in disparte. Stavano divampando già gli anni dell’adolescenza…

7 febbraio 1993

 

arlecchino

PABLO PICASSO, “ARLECCHINO”

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