sabato 22 marzo 2014

Il mare

 

Ascolto il canto infinito del mare: è una voce che mi risuona dentro, è il sangue che mi pulsa nelle vene, è il palpito continuo del mio cuore. Anche quando, lontano dalla costa, percorro le pianure e le città che hanno montagne grigie sullo sfondo, io sento quel canto dentro di me.

È una forza meravigliosa, uno spettacolo che mi manca moltissimo. Quando passo dalle parti della stazione, vedo una ringhiera verde: mi dico tutte le volte quanto sarebbe bello se al di là di essa vi fosse il mare e non campi incolti, villette a schiera e, in lontananza, la ferrovia.

Il mare, che voglia di averlo qui vicino, di vederlo così vivo e animato: liscio come l’olio, spumoso per la brezza, mugghiante, agitato e spaventoso in burrasca, grigio e malinconico nei giorni di pioggia. Mi basterebbe solo saperlo lì, da qualche parte, dietro la finestra, sapere che la sera divide in due la luna dopo esser bruciato a lungo nel tramonto, come un secondo cielo. E invece no. Il mare è a più di duecento chilometri di autostrada. Non si respira salsedine nelle sere, lo iodio nei mattini di conchiglie. Non lo si sente mormorare, gridare, suonare un lamentoso flauto. Il mare - anche lui - è troppo lontano.

 

2002

 

Mare

IMMAGINE © ARTSB2C

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