sabato 10 maggio 2014

Discorsi sulla spiaggia

 

La luce del pomeriggio scivolava via: il cielo, la spiaggia stingevano come una cartolina lasciata al sole. La costa si perdeva in una lenta foschia che ne faceva una lingua di terra informe, cirri bianchi la avvolgevano quasi amorosi. Il mare ormai calmo appariva quasi metallico, rari bagnanti ancora vi si attardavano, una vela al largo navigava bianca come una cavolaia tranquilla in un giardino.

I nostri discorsi scorrevano con quella stessa calma, la avresti forse potuta chiamare monotonia, ma non c’era noia alcuna, soltanto la consapevolezza di vivere il momento, di vivere in quel momento, in quello spezzone di tempo che presto sarebbe irrimediabilmente mutato. Ci sentivamo immersi nel suo flusso, neanche fosse un fiume e noi alla deriva nella corrente su una piccola canoa, su una barchetta verde, assolutamente giovani e fatalisti, incapaci di opporci in un qualsiasi modo agli eventi.

Non lo sapevamo che più avanti, nel corso degli anni, avremmo ripercorso le parole di allora, quei discorsi interminabili sulla spiaggia al tramonto, e che molto più arduo sarebbe stato andare contro corrente, risalire la strada come un sentiero di montagna non più battuto, dovendo tagliare gli sterpi e le fronde per poter ritrovare il tragitto. E infine ritrovarsi delusi perché il ricordo non riesce a ricostruire, può solo arguire, supporre connessioni, trovare un senso alle decisioni solo per sentito dire, solo con la mediazione del sogno e del desiderio, con l’interpretazione. E passare alla realtà dà un gusto denso, lascia il sapore di amare illusioni.

 

HEIDI MALOTT, “PEOPLE WATCHING”

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